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mercoledì 11 novembre 2009

IN VALSESIA SULLE ORME DI FRA DOLCINO

di dario

Il mio caro amico Giorgio Crippa ha parlato su questo blog della "sua" Valsassina e io vi voglio parlare della "mia" Valsesia .
Io in Valsesia ci sono nato, nella casa di mia nonna paterna, ma colà non ho mai avuto la mia residenza anche se almeno cinque generazioni di Chiarino hanno avuto la loro culla in una frazione del Comune di Quarona che si chiama Valmaggiore, luogo in cui soggiorno diversi mesi all’anno..


Valmaggiore 


In Valsesia il turismo non è particolarmente fiorente e ciò non mi dispiace, anzi… è per questo che alcuni suoi angoli sono sfuggiti al deturpamento che la società del cemento ha realizzato in gran parte del nostro paese.
Ma vi è anche nella storia della Valsesia un personaggio che ha generato una copiosa letteratura specie all’estero e che ha indotto Umberto Eco a parlarne nel suo romanzo "Nel nome della rosa" e Dante Alighieri a riservargli qualche verso del suo Inferno:



"Or dì a fra Dolcin dunque che s'armi,
tu che forse vedrai il sole in breve,
s'ello non vuol qui tosto seguitarmi,
si di vivanda, che stretta di neve,
non rechi la vittoria al noarese,
ch'altrimenti acquistar non saria leve."
DANTE ALIGHIERI - La divina commedia, Inferno XXVIII, 55-60



Il personaggio è l’eretico Fra Dolcino e la sua figura parzialmente avvolta dalla leggenda mi ha incuriosito al punto che mi sono letto diversi libri che lo riguardano1),2) e, quando avevo qualche decina d’anni meno, ho ripercorso materialmente le tappe della sua permanenza in Valsesia.
Una delle più significative di queste tappe è senz’altro il villaggio di Rassa. 3)
A Rassa si arriva con un’agevole e tortuosa strada asfaltata che inizia a salire dal fondo valle tra i paesi di Piode e di Campertogno e si accompagna al torrente Sorba tra pareti scoscese di roccia.
La sua valle è detta "Valle dei tremendi", forse per la tempra e il carattere dei suoi abitanti o forse per le vicende che hanno visto protagonisti i dolciniani.
Nel 1304, Fra Dolcino con i suoi seguaci percorse quella zona della valle alla ricerca di un posto dove fermarsi e si arroccò a Pian dei Gazzari sulla sommità della Parete Calva fra Rassa e Campertogno dove la superstizione popolare vuole che il profilo del volto di Fra Dolcino sia stato scolpito dalla natura nella roccia.



 Rassa


Chiunque giunga a Pian dei Gazzar, superando le asprezze dei sentieri che vi conducono, può rendersi conto che quello spazio può ospitare solo poche decine di uomini. E' quindi ragionevole pensare che solo il quartier generale o un semplice corpo di guardia presidiasse quel luogo e che la maggioranza (ben oltre mille) dei seguaci di Dolcino, che contava anche donne e fanciulli, dimorasse nei dintorni più a valle.
La permanenza dei Dolciniani a Rassa fu interrotta dalla mancanza di viveri derivante dall’assedio dei crociati del vescovo di Vercelli .
Da Rassa, dopo aver lasciato in Valsesia i più deboli e gli ammalati, risalì con un'epica marcia la boscosa Val Sorba innevata e attraverso il passo di Furnei scese nel Biellese e si trincerò su quello che oggi è chiamato monte Rubello sopra Trivero. Era il 7 di marzo dell'anno 1306.
Tuttavia anche nel Biellese, la stagione inclemente e la misera economia della zona resero ancora difficilissimo il vettovagliamento di tutta quella gente e costrinsero i seguaci di fra Dolcino ad operare vere e proprie razzie per non morire di fame. Ciò finì per alienare le simpatie anche di quella popolazione e per favorire la crociata bandita dal vescovo di Vercelli.
Il 13 marzo 1307, dopo una serie innumerevoli di scontri violenti e cruenti durati più di un anno, gli Apostolici furono sgominati e fra Dolcino, la sua compagna Margherita e il suo luogotenente Longino Cattaneo da Bergamo furono catturati e imprigionati in attesa del processo e dell'inevitabile supplizio.
Le memorie di un anonimo sincrono e le cronache dell'inquisitore Bernard Gui, un frate predicatore di origine tolosana, sono le fonti da cui si può conoscere, oltre alla dottrina e alla vicenda di Dolcino, i particolari raccapriccianti della sua fine, avvenuta il 1 giugno 1307 sotto le tenaglie infuocate di un boia che lo fece a brandelli su un carro che percorreva le vie di Vercelli e ne arse i miseri resti su un rogo eretto sulle rive del torrente Cervo.
Margherita e Longino arsero anch'essi sul rogo. Nessuno di essi abiurò la propria fede.
Riprendendo a parlare di Rassa e della Valsesia, è ancora possibile ritrovare intatti e immutati, per chi ripercorre i sentieri e risale i monti che videro l'odissea dolciniana, gli scenari naturali di quel dramma che hanno contribuito ad alimentare attraverso i secoli la leggenda e l'immaginazione popolare.
Chi vi parla, avendo ripercorso gran parte di quei sentieri e di quelle valli, ha potuto rendersi conto delle enormi difficoltà che quella gente dovette vincere per raggiungere e valicare quel passo nella loro marcia che, invece della salvezza, approdò al suplizio e alla morte..
 
Links e bibliografia

1) - ORIOLI RANIERO, Fra Dolcino - Nascita, vita e morte di un'eresia medioevale, Europía, Novara 1993.
2) - SOGNO EDGARDO, La croce e il rogo - Storia di fra Dolcino e Margherita, Mursia, Milano 1995.
3) - http://www.rassavalsesia.com/site/


1 commento:

Anonimo ha detto...

benvenuto dottor Chiarino!
è un vero piacere incontrarla qui