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martedì 7 dicembre 2010

Il cavallo rosso 2

di alberto

Avevo cominciato pensando a un commento, poi mi è scappata la mano, ed ecco, in flagrante violazione delle regole che ci siamo dati, un contro-post.
Come da formale promessa, mi sono messo a leggere il libro. Non l'ho comprato: in una casa un po' troppo su misura come la mia, per ogni libro che entra occorre scartarne uno in dotazione.
L'ho preso in prestito alla civica biblioteca, e c'è voluto qualche tempo: hanno tentato di rifilarmi il solo secondo volume; dopo qualche altro giorno mi hanno consegnato l'intero malloppo.
forse ho cominciato a leggerlo un po' prevenuto, per le considerazioni di Umberto e quelle di Dario, fatto sta che a quindici giorni dall'inizio mi sono trascinato fino a pagina 200 sulle 1200 totali e ho deciso che tante bastano: lo restituirò senza averlo finito. una libertà che mi concedo in questa stagione della vita, dopo aver compiuto i settant'anni.
Mi sono chiesto se ad irritarmi fosse la paolottitudine, ma l'ho escluso risolutamente, grazie al fatto che conosco e stimo una certo numero di paolotti e mi sembrerebbe leggermente razzista farne loro una colpa.
Mentre ci rimuginavo sopra, mi tornava in mente con insistenza la prima occupazione della facoltà di architettura, una anticipazione del '68 che sarebbe arrivato cinque anni più tardi. Il casus belli fu la sede milanese degli uffici della Snia Viscosa.
Si narra che il presidente del gruppo, Franco Marinotti, avesse affidato l'incarico al nostro professore di composizione architettonica, dandogli la seguente, stringente, indicazione progettuale: mi... me piasi Paladio. La risposta fu un edificio con colonne ioniche, doriche e corinzie che divenne il parafulmine dei nostri ardori e delle nostre purezze moderniste... sembra incredibile, è passato quasi mezzo secolo.
Ecco, sono giunto alla conclusione che quello che non sopporto non è il contenuto, ma la forma reazionaria! Mi sembra incredibile che un uomo del nostro tempo scelga di esprimersi con un linguaggio in stile, come uno di quei mobili chippendale che si facevano in brianza cinquant'anni fa, come se fossero passati invano Joyce, Faulkner, Dos Passos... E' ben vero che uno può scegliere di esprimersi come gli pare, ma c'è anche la legittima difesa.

????

Diamogli una risposta autorevole, questa!

1 commento:

Gauss ha detto...

Me la ricordo bene, la rivolta degli studentelli di architettura contro Cassi Ramelli e la sua riesumazione dei colonnati antichi. Di tutte le contestazioni e le ribellioni che ho vissuto - dall'una e dall'altra parte della barricata - quella fu la più radicalmente e presuntuosamente rivoluzionaria. Pretendeva che spettasse agli studenti decidere gli argomenti e i contenuti dell'insegnamento che dovevano ancora ricevere e dei quali erano giustificatamente ignoranti. Una violazione della logica, oltre che dell'autorità, che ad Architettura non trovò resistenze e che per un breve periodo contagiò anche Ingegneria. Un tentativo di proselitismo venne fatto anche alla vicina Facoltà di Fisica della Statale, dove studiavo io. Fallì sul nascere, il coraggio di contestare le equazioni e i teoremi, come gli architetti con le bifore e i capitelli, non l'ebbe nessuno.
Del Cavallo rosso ho in casa una copia della prima edizione (1983). A suo tempo mi sono fermato a pagina 39 (c'è un'orecchietta piegata a ricordamelo), e confesso che un paio di mesi fa l'ho ripreso in mano con le migliori intenzioni, ma proprio non ce la faccio, a pagina 39 ci devo ancora arrivare.

Gauss