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mercoledì 23 novembre 2011

“L’arte non serve a niente” - Emilio Isgrò tra ironia e provocazione

di Giorgio Casera

questa la recensione della serata che compare nel giornale on-line PD Monza di oggi.
Ringraziamo Giorgio e il PD per l'attenzione.


La provocazione era già evidente nel titolo scelto per la conferenza organizzata da Novaluna all’interno della mostra di antiche stampe all’Arengario, svoltasi il 10 novembre u.s.:

Affermazione che Isgrò ha giustificato col fatto che la creatività, tradizionalmente appannaggio esclusivo dell’arte, è ormai lineamento essenziale di tanti aspetti della vita quotidiana. Così ha accennato alla politica creativa, alla finanza creativa e così via, con chiari ed ironici riferimenti a personaggi e vicende nazionali.

Fatta questa premessa, Isgrò ha presentato una carrellata delle opere più significative della sua lunga carriera, datate dal 1964 al 2010, il cui filo conduttore si può così sintetizzare: ogni opera deve rappresentare allo stesso tempo innovazione, rottura con schemi consolidati, provocazione, per suscitare interesse, proteste, discussione. Alla fine però il risultato è un ampliamento degli orizzonti culturali e, nel caso di Isgrò sicuramente, crescita della società civile.

La più originale forma artistica che Isgrò ha voluto sperimentare è la “Cancellatura”, che così ha voluto definire: "La cancellatura non è una banale negazione ma piuttosto l’affermazione di nuovi significati" oppure “la cancellatura è come lo zero in matematica, chiamato a formare, da solo tutti i numeri e tutti i valori”. Dalla Volkswagen cancellata nel 1964, alla Costituzione cancellata e al "Disobbedisco" con cui ha provocatoriamente presentato la grande installazione "Sbarco a Marsala" davanti a Napolitano, Isgrò ha usato il gesto della negazione del sapere codificato per mettere a nudo contraddizioni, ipocrisie, falsità.

Dice l’artista: “io cancello le parole per custodirle, è un gesto di salvezza. Le mie tecniche di linguaggio espressivo mi consentono di sparire per poi riemergere”.

Delle opere illustrate, tutte egualmente di un certo impatto (cioè positivhttp://www.blogger.com/img/blank.gifamente scioccanti) vorrei seghttp://www.blogger.com/img/blank.gifnalare Brigitte Bardot: particolare ingrandito 147 volte e Karl Marx fuma nel rosso vestito di rosso, opere pienamente in linea con il titolo di questo articolo. Ha citato anche come esperienza fondamentale in America nel 1963, in viaggio per un mese con il presidente Kennedy alla ricerca di fondi elettorali per il partito democratico: un uomo affascinante, lo definisce.

La presentazione completa è presente sul sito di Novaluna e consiglio vivamente di consultarla per avere una panorama completo dello stile, dei contenuti e anche dell’evoluzione dell’artista. Il quale, da buon conferenziere (anche) ha presentato ogni opera riferendo degli aneddoti sul periodo della realizzazione, sui personaggi coinvolti, sia committenti che politici presenti all’inaugurazione.

lunedì 21 novembre 2011

Emilio Isgrò, "L'arte non serve a niente"

di Azzurra Scattarella

Anche in occasione dell'incontro con Emilio Isgrò del 10 novembre scorso gli amici di vorrei hanno voluto dedicarci spazio e attenzione: anche questa volta una bellissima recensione a firma di Azzurra Scattarella, che inseriamo qui con grande piacere. Ringraziamenti vivissimi alla rivista e all'autrice.



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Emilio Isgrò al secondo appuntamento della rassegna "La Città Rappresentata" organizzata da Novaluna all'Arengario di Monza, parla dell'arte, della sua funzione e delle sue opere

Chi di arte ci è vissuto e ci vive ancora, può permettersi il lusso e la retorica di dire che "l'arte non serve a niente", capirete adesso perché.

Settantaquattro anni, Emilio Isgrò è stata una delle figure più attive nel panorama artistico e d'avanguardia dell'Italia dagli anni '60. Siciliano di nascita, trapiantato a Milano dal 1956, Isgrò è stato artista, giornalista, scrittore, drammaturgo, ma soprattutto un grande comunicatore, perché con le sue opere riesce a parlare, nonostante siano state le cancellature a dargli il successo. Nel 1964 Emilio Isgrò ha cominciato a cancellare: testi importanti dai quali ha eliminato frasi e parole, quali la Costituzione o l'Enciclopedia Treccani, stravolgendo il significato degli stessi, oppure immagini vuote o colore su colore, in cui a parlare era una breve didascalia. Emilio Isgrò ha rivoluzionato l'arte visiva ed è stato l'iniziatore delle opere concettuali. La sua teoria delle cancellature, ufficializzata dalla Dichiarazione 1, nasce dal bisogno di eliminare il superfluo, il rumore, l'inutile da una società carica e ridondante di segni, per ritrovare ed esaltare il vero significato delle cose importanti. Questa idea si pone all'interno di una teoria dell'arte concettuale più ampia, esemplificata nella sua poesia visiva, in cui immagini, fotografie, parole e cancellature creano un insieme spiazzante e contestatorio.

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L'Enciclopedia Treccani cancellata da Isgrò

La sua verve polemica non si esaurisce negli anni. Invitato a Monza dall'associazione Novaluna per la rassegna sulla Città rappresentata giovedì 10 Novembre 2011, Isgrò ha deciso di chiamare la sua relazione o conferenza "L'arte non serve a niente". Che detto da lui non vuol dire niente, anzi, afferma negando proprio come le sue opere. Come lui stesso spiega, ha scelto appositamente un titolo provocatorio "perché l'arte dev'essere provocazione, l'arte che si rispetta deve porre problemi". Il motivo è semplice e tautologico: l'arte serve a far sognare la società e a farla crescere. Per far ciò dev'essere disinteressata e senza prezzo, né avere scopi divertenti o di intrattenimento. Anche su questo Isgrò ha parecchio da ridire: sulla politica fatta di barzellette, parolacce e colpi da affabulatore o sulla finanza che è diventata addirittura "creativa". Isgrò si chiede "che razza di mondo è questo?". L'unica cosa creativa deve essere l'arte, nonostante il mestiere dell'artista sia faticoso e pesante, e artisti non si nasce, ma si diventa – a suo parere.

Alcuni l'hanno chiamato rivoluzionario, altri l'hanno voluto includere tra gli artisti di avanguardia. Ma lui risponde così: "Non sono un artista d'avanguardia. L'artista di avanguardia vuol sempre dire qualcosa, imporre significati al mondo: e il nostro mondo, a forza di significare, alla fine non significa più nulla. Io non aggiungo significati alle cose, levo alle cose i loro significati. Tutti i significati, nessuno escluso. Anche così si combattono i tiranni, quelli palesi e quelli mascherati". Insomma, un contestatore, però lo è sempre stato. Anche nel modo di fare le cose più semplici: durante l'esposizione presso l'Arengario mostra diapositive di sue opere celebri in ordine sparso, né cronologico né tematico, illustrandone la creazione e il motivo per via emotiva, seguendo ciò che i ricordi gli suscitano. Si diverte ed affascina quando racconta la storia del suo monumentale Seme D'arancia, posto a Barcellona Pozzo di Gotto, suo paese natìo. Decise di fare quest'opera in onore del prodotto più tipico della sua terra, per segnalare la produttività e la forza di ripresa sella Sicilia: un gigantesco seme d'arancio nel mezzo di un giardino piccolo in uno dei luoghi più degradati della città. Naturalmente, la sua posizione è significativa. Serve a svegliare gli indifferenti. Ora è in causa con il Comune perché l'hanno spostato senza neanche avvisarlo – e poi il Seme non piaceva al nostro ex Presidente del Senato, oltre che a qualche altro ex Ministro conterraneo...

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Certo, non era la prima volta che Isgrò faceva arrabbiare qualcuno con le sue creazioni. Prendiamo la Volkswagen, che gli ordinò il ritiro della sua famosa opera. Il trionfo della meccanizzazione della società, ha fastidiato Volskwagen e Chiesa in un colpo solo. In risposta alla pop art americana, in cui tutto viene moltiplicato, esaltato, colorato, Isgrò presenta il suo Particolare di Brigitte Bardot ingrandito 147 volte o il famosissimo Jaqueline, dove a trionfare è la sua idea di cancellatura, totale: l'immagine non c'è, la tela è vuota. Quest'opera è stata considerata il primo esempio di arte concettuale in Europa e Isgrò la commenta così "la poesia visiva era il tentativo si salvare la parola grazie all'immagine". Capiamo anche il perché della cancellazione della Costituzione, un monito contro quello che non si deve mai dimenticare e cancellare,o la Treccani, simbolo del libro di una cultura che inesorabilmente sta tramontando.

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La Volskwagen di Isgrò

Emilio Isgrò ha costruito opere enormi e semplicissime, ha collaborato ed è stato intimo amico di Arturo Schwarz, a cui vendette uno dei suoi primi libri cancellati; ha lavorato per la CEI per cui ha cancellato la storia del Vitello d'oro e in Turchia, dove ha cancellato ben quattordici codici ottomani. Celeberrima è stata l'allestimento nel 1979, alla Rotonda della Besana di Milano, di Chopin, partitura per 15 pianoforti, in cui l'artista ha immaginato la vita di Chopin oppresso dalla sua stessa fama, dal suo genio e dal suo amore appassionato per George Sand, distribuendo pianoforti e partiture cancellate per motivi paranoici e futili al tempo stesso, ironicamente ideati da Isgrò. Poesia visiva e arte concettuale, parole che insieme fanno paura e non vogliono dire niente, diventano ricche di senso quando le si guarda fatte da Isgrò. La sua è un'arte che comunica direttamente, frutto di uno spirito indomito e attento, pronto a criticare ciò che non va, a scatenare dubbi, a creare connessioni, ad aprire a nuove idee e a fare delle differenziazioni. L'arte serve a cambiare la società e il modo in cui si guardano le cose anche le più semplici, come le parole, che forse dovrebbero essere le prime a essere rivoluzionate. Un compito molto difficile, quello di rivoluzionare il linguaggio, cui probabilmente si preferisce quello di far soldi, commenta sarcasticamente Isgrò, con un tono di amarezza, verso quei giovani per il quale sente di avere una responsabilità. Difatti, l'impegno nella vita sociale dell'arte è sempre stato reale per Isgrò: sostenitore della necessità di comunicare tra pubblico e artisti, nonché tra artisti e artisti, ha partecipato alla Cooperativa degli Artisti nel 1977, e oggi si batte per una politica seria, "fatta di grisaglia", rispettosa e lontana da atteggiamenti ridicoli e da show-business (chissà se Monti l'ha accontentato).

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Il famoso e travagliato Seme d'arancio donato alla città di Barcellona Pozzo di Gotto


Ancora una volta, Isgrò stupisce e affascina, e Novaluna merita un plauso per aver invitato l'artista e organizzato l'evento. Per vedere tutte le opere mostrate da Emilio Isgrò durante l'incontro del 10 novembre, rimandiamo al sito di Novaluna.

Biografia di Emilio Isgrò Nato a Barcellona Pozzo di Gotto (ME) nel 1937, si trasferisce a Milano nel 1956. Fin dagli esordi accompagna la produzione artistica con l'attività di scrittore e poeta. Pubblica in quell'anno la raccolta poetica Fiere del Sud per le Edizioni Arturo Schwarz. Nel 1964 realizza le prime Cancellature, enciclopedie e libri completamente cancellati, con i quali contribuisce alla nascita e agli sviluppi della Poesia Visiva edell'Arte Concettuale. Nel 1966, in occasione della mostra alla Galleria Il Traghetto di Venezia, pubblica Dichiarazione 1, in cui precisa la sua personalissima concezione di poesia come "arte generale del segno". Nel 1972 è invitato alla XXXVI Biennale d'Arte di Venezia, a cui parteciperà anche nel 1978, nel 1986 e nel 1993. Nel 1977 riceve il primo premio alla XIV Biennale d'Arte di San Paolo del Brasile. Nel 1979 alla Rotonda della Besana di Milano presenta Chopin, partitura per 15 pianoforti. Nel triennio 1983-1985 dà l'avvio con la trilogia L'Orestea di Gibellina ai grandi spettacoli della Valle del Belice. Nell'Anno Europeo della Musica (1985) il Teatro alla Scala gli commissiona l'installazione multimediale La veglia di Bach, allestita nella Chiesa di San Carpoforo a Milano. Nel 1990 elabora un nuovo testo teorico dal titolo Teoria della cancellatura per la personale alla Galleria Fonte d'Abisso di Milano. Nel 199 partecipa alla collettiva The artist and the book in twentieth-century Italy organizzata dal MoMA di New York e nel 1994 a I libri d'artista italiani del Novecento alla Collezione Peggy Guggenheim di Venezia. Nel 1996 Mondadori stampa Oratorio dei ladri. Nel 1998 dona al suo paese natale il gigantesco Seme d'arancia, simbolo di rinascita sociale ed economica dei paesi mediterranei. Nel 2001 inaugura l'antologica Emilio Isgrò 1964-2000 nel complesso di Santa Maria dello Spasimo a Palermo. Nel 2002 espone alla Galleria Civica di Arte Contemporanea di Trento e l'anno seguente al Mart di Trento e Rovereto. Nel 2008 il Centro per l'Arte Contemporanea "Luigi Pecci" di Prato ospita l'importante retrospettiva Dichiaro di essere Emilio Isgrò. Attualmente è in corso la personale Fratelli d'Italia presso il Palazzo delle Stelline a Milano. Vive e lavora a Milano.

martedì 8 novembre 2011

Monza & la Brianza nelle antiche stampe.

di Azzurra Scattarella

In margine all'incontro con Cristina Muccioli del 27 ottobre scorso è comparsa sulla rivista vorrei , che ringraziamo, una bella recensione a firma di Azzurra Scattarella, che pure ringraziamo.
abbiamo chiesto e ottenuto di poterla inserire qui

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Una mostra e un ciclo di conferenze organizzato da Novaluna
per parlare di Monza e delle sue immagini
È stata inaugurata il 22 ottobre presso la prestigiosa sede dell'Arengario di Monza la mostra "Monza & la Brianza nelle antiche stampe", organizzata dall'associazione culturale Amici dei Musei e l'associazione Novaluna.
Collegata alla mostra - molto interessante e ampia, raccoglie stampe e cartografie anche del XIV secolo, esposte in senso antiorario, visitabile dal martedì al venerdì dalle 16 alle 19, il sabato e la domenica anche di mattina –Novaluna ha organizzato un ciclo di incontri, ogni due giovedì alle 21 all'Arengario, sul concetto di immagine della città, sia essa stampata, fotografata o disegnata, della città, chiamando a discettarne professionisti del settore.
Il primo incontro in Arengario, avvenuto il 27 ottobre 2011, con titolo "La città e il paesaggio. Dall'incisione classica all'immagine contemporanea" ha visto salire in cattedra una vecchia conoscenza dell'associazione, la storica dell'arte e professoressa di Etica della comunicazione presso l'Accademia di Brera (nonché collaboratrice di Linus e autrice di diversi libri) Cristina Muccioli.
La serata inizia con la presentazione del presidente Giorgio Crippa e l'arrivo di un cospicuo numero di interessati. L'intervento della Muccioli ha sapore di premessa al ciclo di incontri, sia a causa del suo essere prima conferenziere che per il tema cui si è dedicata.
La Muccioli inizia con i complimenti per l'intelligenza di una mostra così apparentemente demodé (una mostra su incisioni seicentesche? Bah!): se ormai nulla è più possibile creare nel mondo dell'arte (il che non significa che l'arte è morta), brilla e ha decisamente molto senso d'esistere ogni intervento a favore della riscoperta e valorizzazione del passato e delle radici dell'arte stessa. Del resto, l'intero mondo delle incisioni, delle stampe e litografie, è sempre stato denigrato e sottovalutato dall'arte ufficiale, mentre esse rappresentano un patrimonio artistico importante, intrinseco dell'uomo: basti pensare alle incisioni rupestri, primo veicolo dell'espressività umana. Eppure questa tecnica è sempre stata trattata con snobismo, poiché essa si avvale di una macchina, di un 'facilitatore', aspetto che diventa un diminutivo per i critici e gli artisti, e che ne ha impedito la giusta qualificazione.
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In un'affascinante e ricco di citazioni filosofiche (Aristotele in primis) breve tracciato di storia dell'arte incisoria, che nasce con i caratteri mobili e l'invenzione della stampa, Cristina Muccioli regala anche chicche e aneddoti poco conosciuti del mondo artistico, da Canaletto e seguaci, passando per l'Accademia di Brera, rimarcando l'etimologia della parola grafite, la stessa di graffio, nonché di grafia. Avrebbe infatti voluto chiamare il suo intervento "La mano che graffia", sottolineando l'idea di lasciare il segno, di imprimere la propria idea su di un supporto, creando una ferita, la cui cicatrice (su una tela, su un dipinto, su una lastra) altro non è che la cultura stessa.
Una mostra che ha toccato le corde più sensibili del suo amore per l'arte, così dice Cristina Muccioli, e che lascia gli spettatori in attesa di seguire il prossimo incontro, nonché curiosi di riguardare le opere esposte con più accuratezza.