Buon giorno a tutti.
Questo blog era fermo da qualche anno.
Vorremmo ridargli vita dandogli una funzione
un po' diversa, quella di BACHECA,
dove chiunque tra i nostri soci e amici
possa postare direttamente considerazioni,
pensieri, suggestioni, filmati, propri o altrui.
Qui le istruzioni per l'uso.
Visitate anche la nostra pagina Facebook



venerdì 30 ottobre 2009

Barbara Schiavulli al Binario 7 per Novaluna

di primo


Quando Barbara Schiavulli ha finito di parlare e di mostrarci le fotografie (alcune molto crude), sono cominciate le domande, senza bisogno di sollecitarle. Tante. Si è vista la difficoltà di comunicazione che affiorava in mezzo all'empatia (Barbara è anche enfant du pays, a Monza). Un giornalista di guerra è interessato al come, mentre noi siamo interessati ai perché, magari per confermare i perché che ci siamo dati da sempre. Qualche perché ci vuole, tranquillizza, ci fa credere che la situazione sia sotto controllo, o comunque controllabile in futuro.
Un dato positivo: c'è stata solo una domanda (chiamiamola così) in cui si diceva che per colpa degli americani etc etc. Qualche anno fa ce ne sarebbero state tante, di domande così.
Altro dato positivo: nessuno o quasi crede più alla favoletta della democrazia d'esportazione. In Afghanistan la risoluzione dei problemi (ammesso che esista) dovrà passare attaverso il consenso dell'Iran e del Pakistan, se no, niente da fare.
E allora, gli americani? Barbara l'ha detto alla fine, cosa stanno facendo gli americani, sia in Afghanistan che in Iraq: alcune basi militari molto vaste, inattaccabili, da cui non se n'andranno MAI. Al loro posto, farei esattamente la stessa cosa.
Il titolo della conferenza metteva in ballo le elezioni, col prossimo ballottaggio, ma è apparso chiaro che i brogli sono sistematici e che si farà in modo che vinca Karzai contro un oppositore che si atteggia a uno stile gandhiano. Gara dura, in un paese in cui il kalashnikov non si nega a nessuno e in cui le donne vanno benissimo per trasportare munizioni sotto lo chador. La guerra perpetua è nel carattere del paese e degli abitanti, diverse etnie che non si possono soffrire l'una con l'altra.
Un bel mestiere è quello degli autisti e dei traduttori al servizio dei giornalisti.
Barbara si è trovata ad averne uno sciita e l'altro sunnita, e doveva ogni tanto mettere pace se no si menavano in macchina. Non sono fatterelli di colore: gli autisti ed i traduttori guadagnano molto, ma in caso di rapimento del giornalista la loro vita vale zero, mentre quella del giornalista vale i soldi che qualcuno pagherà per il riscatto. Credo di aver capito perché quel paese piaccia tanto a Barbara: fuori da Kabul e da qualche altra città, non si piomba nel terzo mondo, ma direttamente nel medioevo, che può avere il suo bello, il suo fascino, le sue regole, mentre il terzo mondo è solo brutto e sregolato. L'atteggiamento della giornalista era di apertura sui casi spesso tragici di persone (quasi sempre donne e bambini) che ha trovato e trova lungo la sua strada. Molto più riservata quando doveva parlare dei soldati italiani, lodati per le loro qualità di socializzazione molto più grande di quella dei tedeschi, francesi, inglesi. Sarà certamente vero, ma oggi, essere in Afghanistan, vuol dire aver concordato precise regole di ingaggio. La modalità di procedere (accordarsi con l'imam locale sulla base delle sue priorità) sarà probabilmente l'unica possibile, ma non vedo cosa c'entri con la democrazia.
Previsioni del tempo: i taliban torneranno al potere, solo che quelli di oggi sono peggio di quelli di qualche anno fa, che distruggevano i campi di papavero. A questi, la droga sta bene. Si stanno dando da fare anche i cinesi, non poteva essere che così. Però l'osservazione più utile l'ho sentita tornando a casa: è vero che l'Afghanistan è sempre stato un crocevia, ma questo era importante quando i mezzi aerei non erano così diffusi. Oggi molto meno, se non c'è di mezzo il petrolio.
Il tribalismo, più etnico che religioso, continuerà. Il dramma è per le donne e per i bambini che, nelle città, stanno sperimentando una vita diversa, senza che qualche marito, stanco della moglie trentenne e con sei figli, la ripudi per adulterio, tagliandole il naso. Abbiamo visto le fotografie delle donne e dei chirurghi che stanno ricostruendo i nasi.
Però non è mai detto: in un'altra foto c'era un afghano che si sta facendo ricco vendendo libri, vecchi, nuovi, tutti i libri che gli capitano fra le mani: prezzi d'affezione: 50 dollari al libro, il mercato tira, chissà. "Imparare a leggere e a scrivere, quella è la strada", così ha concluso Barbara.


P.S. Le immagini sono dell'archivio fotografico di Barbara Schiavulli.

giovedì 29 ottobre 2009

I segni del clima che cambia

di giorgio crippa




Lo scorso anno sono tornato al Rifugio Porro, in alta Val Malenco, dopo un'assenza di circa trent'anni.

E' situato in una valle bellissima dominata dalle cime del Monte Disgrazia e del Pizzo Cassandra, ed è raggiungibile in circa un'ora da Chiareggio.

Sono rimasto impressionato dal regresso del ghiacciaio Ventina, che è raggiungibile dal rifugio con un'ora di cammino.

Ho trovato in archivio una foto scattata nei primi anni sessanta e il raffronto con quella fatta nel 2008 mostra in tutta evidenza l'entità del collasso.

Quest'anno ho ripercorso il sentiero glaciale, con l'amico Michele Comi, guida alpina e geologo,

il quale ci ha fatto osservare un tronco di acero giacente sulla morena che in un primo momento non ci aveva particolarmente impressionato.

Giaceva da almeno quattrocento anni, e confrontando le dimensioni, con quelle dei radi alberi circostanti, abbiamo potuto constatare come nel 1600 la vegetazione si fosse spinta più in alto della quota attuale di circa 2.200 metri, segno evidente che il ghiacciaio era molto più arretrato rispetto alla fronte attuale.

Il fatto che il clima abbia un andamento ciclico nel corso dei secoli è una verità accertata, ciò non toglie che noi stiamo dando una forte accelerata al riscaldamento in atto della terra le cui conseguenze sono ben visibili sulle nostre Alpi.
Giorgio Crippa

mercoledì 28 ottobre 2009

Glossario - istruzioni per i nuovi adepti

di alberto

dicesi blog il reparto manicomiale virtuale
di una comunità di mattocchi,
per lo più non furiosi,
affetti da sindrome narciso-esibizionistica.

questi pazienti si chiamano guest.
la sintomatologia del guest
si manifesta nello scrivere messaggi,
in sostanza dei test,
che però si chiamano post

I pazienti godono nella pubblicazione del post
anzi, non li pubblicano, li postano
l'argomento è libero, può spaziare dall'east al west,
from coast to coast.
in buona sostanza e buon italiano
potremmo dire che:
il must del guest è il post di un post

La speranza è di imbattersi
in analoghe comunità, affette da voyeurismo,
che assicurino ai pazienti
la modica quantità di lettori.

al fine di catturarne in gran numero
meglio che il post sia fast,
non troppo brodoso,
per non far fuggire il potenziale lettore.

sarebbe bene che il guest
postasse non più di un post al giorno
e non meno di uno alla settimana.

il post, corredato di una o più immagini
che rendono più gradevole la lettura,
viene pubblicato in tempo reale,
anche se è possibile pentirsi e c'è possibilità di modifica,
in casi estremi di cancellazione.

infine, niente contropost:
graditi, importanti e auspicabili invece
commenti frequenti
saluti, anzi bye bye

martedì 27 ottobre 2009

I Buddha di Bamiyan

di primo

I Buddha di Bamiyan erano due statue del Buddha scolpite da una setta buddista nelle rocce della valle di Bamiyan, in Afghanistan, a circa 230 chilometri dalla capitale Kabul e ad un'altezza di circa 2500 metri; una delle due statue (alta 38 metri) risale a 1800 anni fa, l'altra (alta 53 metri) risale a 1500 anni fa.

Decreto del marzo 2001: "In base al verdetto del clero e alla decisione della Corte Suprema dell’Emirato Islamico, tutte le statue in Afghanistan devono essere distrutte. Tutte le statue del paese devono essere distrutte perché queste statue sono state in passato usate come idoli dagli infedeli. Sono ora onorate e possono tornare a essere idoli in futuro. Solo Allah l’Onnipotente merita di essere adorato, e niente o nessun altro".

Il ministro dell’Informazione Qudratullah Jamal disse: "Questo lavoro non è così semplice come la gente può pensare. Non si possono tirar giù le statue bombardandole perché entrambe sono incise e solidamente attaccate alla montagna”. I due Buddha vennero demoliti a colpi di dinamite e cannone nel marzo 2001. Ci volle quasi tutto il mese.

Nel 2003 i Buddha di Bamiyan sono stati riconoscuti come Patrimonio dell'Umanità dall'UNESCO per queste cinque motivazioni:

1. Le statue del Buddha e l'arte rupestre della valle sono una rappresentazione fondamentale della scuola Gandhara nell'arte buddista dell'Asia centrale.
2. I resti della valle sono testimonianza di un importante centro buddista sulla Via della seta e dello scambio culturale tra arte indiana, ellenistica, romana, sassanide e alla base dell'espressione artistica dell scuola Gandhara.
3. Sono una testimonianza eccezionale di una tradizione culturale dell'Asia centrale ormai scomparsa.
4. La valle è un esempio importante di un territorio culturale che illustra un significante periodo del Buddhismo.
5. La valle è l'espressione monumentale massima del Buddhismo occidentale. È stato un importante centro di pellegrinaggio per molti secoli.

Ma con ogni probabilità i Buddha non saranno mai ricostruiti.

(Informazioni tratte da Wikipedia)

lunedì 26 ottobre 2009

metamorfosi

di alberto


come l'agrimensore K,
pardon, come Gregor Samsa,
anch'io, questa notte,
ho subito una metamorfosi:
sono andato a letto frattinian-mariniano,
mi sono svegliato bersaniano.

le ore trascorse ieri
al seggio della sala Maddalena,
la visione ravvicinata
di gente paziente, civile e determinata
hanno giovato molto
al mio stato di salute
morale civile e fisica.
grazie a tutti

domenica 25 ottobre 2009

Memorie di Adriano

di giorgio casera


Non ero mai stato ad Ivrea, fino alla gita di domenica, ed avevo accolto con piacere l’inserimento nel programma di una passeggiata digestiva nel suo centro. Sfortunatamente il protrarsi del pranzo a Donnas ha fatto modificare la passeggiata in un veloce giro turistico col pullman e quindi non ho potuto verificare se “il fiume (Dora) scorre sempre accanto alla vecchia cittadina piemontese e il castello ne segna il profilo, ma una città nuova è esplosa attorno, in seguito allo sviluppo dell’industria locale, architettonicamente esemplare nell’insediamento...” (TCI – Guida rapida d’Italia – ed.1993)
L’accenno ad Ivrea aveva risvegliato in me una serie di riferimenti riportandomi agli anni ’60 quando, alle prese con l’Università e con le prime esperienze di lavoro, avevo scoperto Adriano Olivetti e il suo movimento “Comunità”.
Come è noto, Adriano, prima direttore della fabbrica Olivetti e poi presidente dell’omonima società di famiglia, aveva cercato di armonizzare, attraverso una continua sperimentazione , lo sviluppo industriale con il progresso umano e sociale della comunità circostante e con la democrazia partecipativa, dentro e fuori la fabbrica. Per questo aveva riunito ad Ivrea un folto gruppo di intellettuali che operavano in differenti campi disciplinari, inseguendo il progetto di una sintesi creativa tra cultura tecnico-scientifica e cultura umanistica. (cito riassumendo da Wikipedia)

Per diffondere la sua “utopia” a livello nazionale fondò un movimento politico, appunto “Comunità”, che tentava una sintesi tra ideali socialisti e liberali. Come continuazione, secondo la sua intepretazione, degli ideali di “Giustizia e Libertà” dei Rosselli e compagni, di cui era stato supporter. Adriano fu anche eletto deputato con il suo movimento, che assunse negli anni ’50 uno spazio notevole nel campo della cultura economica, sociale e politica.

Adriano scomparve prematuramente nel 1960 ma le sue idee continuarono a circolare attraverso la rivista da lui fondata, di cui diventai fedele abbonato e lettore (dal 1963) finchè la pubblicazione fu regolare (1970). In seguito, mancando l’impulso di Adriano, come mi dichiarò sconfortato un libraio di Cagliari, la rivista uscì in modo frammentario fino a cessare nel 1980. Anche il movimento politico cessò con lui (ahimé, le idee camminano con le gambe degli uomini) poichè nessuno ne prese il testimone (idee troppo utopistiche o rivoluzionarie?).

In ogni caso in quegli anni “Comunità – Rivista mensile di informazione culturale” ampliò i miei orizzonti culturali all’urbanistica, alla politica internazionale, alla sociologia, alla psicanalisi e a tutte quelle discipline non propriamente correlate allo studio della Fisica. Posso dire che fu fondamentale per la mia formazione ed apertura mentale. Ancora oggi i miei 50 numeri della rivista sono in bella mostra nella biblioteca di casa.

E debbo dire, è stata una bella sorpresa, la rete è piena di documentazione sulla vita e l’opera di Adriano Olivetti!

sabato 24 ottobre 2009

La comunicazione al tempo di Internet

di claudio

Propongo "La comunicazione al tempo di Internet " come ipotesi di un nuovo incontro organizzato da Novaluna per l'anno 2010.
Provo a fare una prima stesura dei temi che potrebbero essere trattati:
  • la Rete come canale di informazione
-la censura
-la informazione personalizzata
  • la Rete come canale pubblicitario:
-è una minaccia o è già una realtà che ha affiancato o addirittura
superato i canali tradizionali?
-siamo già alla pubblicità one to one?

  • la rete come canale di conoscenza
-il problema delle fonti
-il copyright
  • la Rete è strumento di libertà o di digital divide?
  • quale futuro?
Ovviamente la maggiore difficoltà sarà di trovare un relatore in grado non solo di mettere un pò di passione negli argomenti trattati, ma anche di fornire dati quantitativi documentati

La famosa Birra artigianale Carrobiolo

di primo

In questi giorni mi sono sentito importante. Tempo di Primarie.
Personaggi di levatura nazionale ed internazionale mi hanno scritto chiamandomi tutti "Caro Primo". I cognomi sono vietati, evidentemente, però un "Egregio Casalini" non mi sarebbe spiaciuto. Ma l'hanno fatto apposta, perché il nesso Primo-Primarie andava sfruttato. Peccato che ce ne siano pochi, a chiamarsi Primo, chiederò a Federico ed a Gustavo che inghippo personalizzato hanno trovato per loro.
Mi sono messo di buzzo buono per farmi un bigino, però a un certo punto mi si sono mischiate le mail e non so più chi dice una cosa e chi l'altra. Così andrò a votare (perché altrimenti mia moglie mi sgrida: è cresciuta a pane, salame e Feste dell'Unità, figurarsi!), però mi asterrò nel gazebo, per non dispiacere a nessuno. Niente cabina, gazebo. Il bigino che ho fatto sarebbe risolutivo, sembra scritto dal candidato di platino-iridio conservato a Sèvres sotto vuoto spinto, proprio il candidato campione:

Eccoci, mancano poche ore al voto!
Eccoci arrivati all'ultimo miglio di questa lunga corsa!
Il tuo contributo è decisivo.
Ve ne siete accorti, finalmente, che il mio contributo è decisivo. Era ora!

Puoi votare se hai almeno 16 anni.
Ebbene sì, appena compiuti.

...versando un contributo di 2 euro...
Ahi ahi l'altra volta costava di meno.

Quello che ti resta da fare ora è avvertire tutti i tuoi amici e conoscenti.
Manda alla tua rubrica un sms di invito al voto.
Chiama telefonicamente 10 tuoi amici.
Fossi matto. Ci ho messo una vita a farmi un po' di amici, e comunque non mi darebbero retta. Sono i conoscenti a darti retta, gli amici no, ti vogliono bene e basta.

Nella serata di Sabato 24 organizza un aperitivo o una cena tra amici.
Un momento conviviale aperto a tutti i cittadini e i sostenitori, con pranzo a buffet.
Degustazione della famosa Birra artigianale Carrobiolo.
E se hai ancora energie organizza una festa domenica 25 a casa tua per aspettare i risultati!
Per ribadire insieme " Di che pasta siamo!"
Un video di risposta alle mele di Bersani.
Happy hour per giovani e meno giovani.
Un bel magna magna, però preferisco la Birra Peroni, quella con Solvi Stubing.

Sarà mio vicesegretario Jean Leonard Touadì, che è un intellettuale straordinario.
Questa è l'arma assoluta, il colpo risolutivo. Se c'è Jean Leonard Touadì non ce n'é più per nessuno.

Donne organizzate e forti all'interno del Partito.
Speriamo non le lascino uscire.

Dato che il nostro statuto stabilisce che i vicesegretari siano due, ci sarà un secondo vice.
E se i vicesegretari fossero tre, ci sarebbe il terzo vice? Boh! Meglio chiedere al Màz, qui siamo nell'alta matematica.

Le primarie non sono una stravaganza contro natura.
Meno male. Alle stravaganze, per di più contro natura, non sarei andato a votare.

Saranno “primarie vere”.
Fra virgolette.

Un moderno partito cammina su due gambe.
Dario rappresenta meglio di tutti il partito plurale.
Un partito aperto, plurale, unitario, inclusivo ma che sappia decidere.
Se l'avesse saputo Walter Chiari al tempo del Sarchiapone! Il PD, inteso come Sarchiapone... Perderemmo ancora alle elezioni ma almeno ci divertiremmo.

A differenza di Emanuele Fiano e Maurizio Martina, i quali parlano di “miglioramenti”, ritengo che il Governo della Lombardia abbia bisogno di una svolta profonda.
Niente miglioramenti, chi non svolta è perduto.

C'è chi in queste ore parla di voto utile.
Ma come si permette?

Il kit del perfetto volontario.
Stand info point primarie del PD.
Giocherelloni... non facciamoci mancare niente!

V'invitiamo a stupirci ancora una volta.
Quando abbiamo eletto Prodi e Veltroni siete rimasti a bocca aperta per lo stupore. Eleggeremo Bersani così lo stupore continuerà.

Mi auguro che domenica, malgrado "il mal di pancia" che c'è in molti di noi, tu vada a votare alle primarie.
Ma quale mal di pancia? Siamo qui tutti frementi in attesa dell'apertura dei gazebo!

Vogliamo che il “modello monzese” possa continuare la sua originale esperienza.
Dove l'avete nascosto, il modello monzese? Tiratelo fuori!

OLTRE IL PD

Testuale...

William Hogarth: Il trionfo dell'eletto

giovedì 22 ottobre 2009

metà cunsili, metà danée

di alberto



è il titolo che darei
alla campagna per il rinnovo
delle iscrizioni a NOVALUNA
che dovremo deciderci a varare.

è un detto che mi è sempre molto piaciuto:
lo trovo paragonabile,
in versione solidamente popolare,
al celebre detto anglosassone

no taxation without representation


una volta tanto,
in confronto all'inglese,
l'italiano è altrettanto conciso
ed espresso in positivo.

ci dice, pacatamente, brianzolamente,
che accanto alle buone idee,
e per sostenerle adeguatamente,
è opportuno metter mano al portafogli
e reperire adeguate risorse.




guardate questo classico video

lunedì 19 ottobre 2009

Il Forte di Bard

di primo

Ieri, l'appuntamento era alle otto del mattino davanti al Maestoso. Non è un personaggio illustre in carne ed ossa, il Maestoso, neppure la statua bronzea o marmorea di un personaggio celebre. Il Maestoso era il cinema più vasto, bello e comodo di Monza, solo che poi sorsero le multisale e per il Maestoso c'est fini.

Il 29 settembre ultimo scorso il Cittadino (un giornale di Monza) ha scritto:
Quello che è certo è che nel giro, presumibilmente di sei mesi, sarà aperto il cantiere che darà il via alla riqualificazione che potrebbe durare al massimo un paio d'anni.
Vabbè, ci siamo capiti...

Appuntamento comodo, per noi: poco più di cinque minuti a piedi da casa nostra.
Alle otto e un quarto siamo partiti in quaranta su un pullman bianco. Giornata di un autunno bellissimo. Dopo un po' abbiamo cominciato a vedere il Monte Rosa, ancor più bianco del pullman. Gli uomini sfogliavano i giornali. Ho fatto il conto: otto Repubbliche, tre Corrieri, un Giornale. Sul lettore del Giornale abbiamo deciso tutti di esercitare nel corso della giornata un amorevole volontariato. Sarebbe interessante vedere cosa compra oggi, forse passa a Libero!

Basta un'ora e mezzo, da Monza, per giungere all'inizio della Val d'Aosta, e il Forte di Bard è poco più in là. Sorge in un punto in cui la valle è strettissima: c'è posto solo per la scoscesa montagna del Forte e per la Dora Baltea (cerulea, naturalmente). Quindi, di lì si controllava il va e vieni con la Francia, facendo spesso pagare il transito. Le tracce delle prime fortificazioni risalgono a Teodorico.
Il forte attuale è stato costruito attorno al 1830, fra Carlo Felice e Carlo Alberto di Savoia. Quello che c'era prima fu smantellato da Napoleone, che lo chiamava cet vilain fort de Bard, dopo che gli aveva fatto perdere due settimane nel maggio del 1800 quando 400 soldati austro-croati bastarono a bloccare il suo esercito di 40.000 uomini.
Due settimane lunghe, per uno come Napoleone.

Il forte era quasi inespugnabile. Praticamente, lo è ancora: abbiamo dovuto aspettare quasi venti minuti per prendere gli ascensori che si intravedono nell'immagine in alto (figuriamoci cosa succede in piena estate!)

A fianco, metto l'immagine dello scalone interno che porta al Museo delle Alpi in cui c'è di tutto, forse esposto in modo un po' troppo psichedelico, ma si sa, io sono un passatista in queste cose. Abbiamo visto anche le prigioni con celle piccolissime. Ai ragazzi non è parso vero: correvano da una cella all'altra rinchiudendosi l'un con l'altro, con i catenacci delle porte. Le facce sorridenti apparivano nelle finestrelle quadrate.
Poi, una grande magnata al ristorante "L'enfant prodige" di Donnas: quasi due ore a tavola, come nei matrimoni di campagna (o di montagna?). Chiacchiere chiacchiere chiacchiere con prese per i fondelli vicendevoli.
E quindi, il tempo per visitare il centro di Ivrea la bella non c'è stato. Alle 18.45 eravamo di nuovo di fronte al Maestoso. Il cinema in disarmo sembrava guardarci maestosamente, ma con un sorriso un po' amaro. Appena a casa, mi son guardato un DVD come parzialissima compensazione.
In chiusura l'immagine va assolutamente ampliata: si tratta di un gruppo scultoreo in legno di una festa montanara. L'originale è nel Forte di Bard.


I vigneti della Val d'Aosta

di giorgio casera


Nel corso della bella gita al Forte di Bard (e soprattutto al magnifico Museo delle Alpi, nome altisonante ma contenuto ben corrispondente) sono stato colpito dalla vista delle vigne presenti sui tratti solatii delle colline che affiancano la valle della Dora Baltea tra Bard, Donnas e Pont St. Martin.
Sono disposte su terrazzamenti scavati nel corso dei secoli, immagino, onde permetterne l’impianto nei piani così ottenuti. Le viti si arrampicano su pergolati alti, di legno (la pergola valdostana).
Certo non sono conformi al paesaggio di vigne sterminate che si presenta a chi si inoltra nelle prime colline dell’Oltrepò pavese (o anche nella Franciacorta o nel Monferrato etc etc); sono più affini a quelle che si vedono in alcune vallate dell’Alto Adige o sulle coste delle Cinque Terre.
In comune con queste ultime hanno il senso dello sfruttamento estremo di scarse risorse (per la conformazione del territorio, per la necessità comunque per l’uomo di assicurarsi la sopravvivenza) e la produzione di ottimi vini bianchi. D’altronde leggo che “la vite ha la sofferenza nel Dna: più patisce e meglio produce”.
La Val d’Aosta produce un ottimo Chardonnay, leggo sui sacri testi del vino, uno dei miei preferiti.
Debbo averlo assaggiato in passato, fornito da un congiunto che da anni frequenta Gimillian, sopra Cogne, ma non ne conservo un ricordo particolare. Alla prossima occasione starò più attento, sia per il gusto sia per il rispetto che si deve a chi lo produce in queste condizioni!

venerdì 16 ottobre 2009

Integrazione ed emancipazione

di giorgio casera

Per una singolare coincidenza, lo stesso giorno, ieri, in cui il Prof. Branca ha tenuto la conferenza sull'immigrazione al Binario 7, è comparsa su la Repubblica una sua intervista a proposito dell'attentato alla caserma dei carabinieri a Milano ad opera di un kamikaze (pare) libico. Branca cita a questo proposito l'attentato come la punta di un iceberg dove l'iceberg è costituito "dagli islamici non riconosciuti, soprattutto quelli di seconda e terza generazione, perchè privi di luoghi dove possano ritrovarsi, ma anche mettersi alla prova di fronte ai doveri ai quali tutti i cittadini sono tenuti. Conosco tante ragazze musulmane che negoziano con i loro padri le uscite serali. Nei loro paesi d'origine questo non succede, qui sta diventando una prassi: è uno dei jolly che noi possiamo giocare per favorire l'integrazione".
Nel 1963 il lavoro mi aveva portato a Gela, in Sicilia, dove si realizzava un grande stabilimento petrolchimico. Gela era una città di circa 50.000 abitanti con una economia fino allora prevalentemente agricola. I nostri operai erano per lo più ex braccianti che con opportuni corsi di formazione erano diventati operatori di processi chimico-industriali. Nelle pause del lavoro si discuteva tra il serio e il faceto dei rispettivi costumi. Una volta chiedemmo loro: "Lascereste uscire la sera vostra figlia con un ragazzo?". Ricordo ancora le loro facce rabbuiate; ma alla fine, cedendo alla sfrontatezza dei nostri ventanni, dissero tra i denti: "Se lo fanno anche gli altri...".
E allora forza ragazze!

Paolo Branca al Binario 7 per Novaluna

di primo

Sala quasi del tutto piena. La presentazione di Paolo Branca la fanno Annalisa Bemporad e Edoardo Marino. Però dietro al tavolo sono in cinque. A fianco di Branca c'è lui, mezzo sudanese mezzo egiziano, è un venticinquenne laureando in Ingegneria Gestionale, e lei, probabilmente siriana, è una diciannovenne studentessa di Farmacia. Lei con un velo elegante, lui con un riccioluto zazzerone che sta benissimo sopra il suo metro e novanta di statura. Durante la serata si è aggiunta una vecchissima ventitreenne (anche lei col velo) laureanda non ho capito in che cosa. Laurea seria, però.
Avete capito tutto o quasi. La serata si è svolta con introduzioni di Branca alle testimonianze dei tre giovani, che avevano le tasche piene di passaporti, due o tre ciascheduno, salvo il passaporto italiano che non possono avere. Ma tutti e tre hanno parlato in una lingua italiana bellissima, senza inflessioni: per loro non sarà la lingua madre, ma certo è la lingua sorella. Immigrati di seconda generazione, come da programma. Branca ha detto che a Londra sono arrivati agli emigrati di settima generazione e che il 50% degli abitanti di Londra non è inglese.
Il quasi ingegnere (benemerita categoria!), ha raccontato un episodietto che mi ha fatto prudere le mani. In questi giorni, la televisione è a caccia di immigrati giovani, per far vedere come sono e come vivono. Sono arrivati da lui e dai suoi amici e gli hanno chiesto: "Ma voi andate in discoteca?" "Certo che sì che ci andiamo, se volete vi ci portiamo" "No, la discoteca giusta ce l'abbiamo noi". E li hanno portati in una discoteca di travestiti impasticcatori per riprenderli lì. Per la serie: "Non dite a mia madre che faccio il giornalista TV, crede che io faccia il pianista in un bordello".
Tutto bene, quindi.
Però.
Pensavo: "Esistono anche quelli brutti, che non spiccicano una parola d'italiano né vogliono spiccicarla. Cha fanno lavori manuali, notturni, a rischio. Che non sanno chi è Paolo Branca. Che danno retta al primo facinoroso magari malconvertito e che si è fanatizzato da solo, per suoi problemi irrisolti".
E allora, come domanda provocante, ho parlato del mio post precedente in Stanze all'aria: che avevo appreso il titolo immigrati di seconda generazione nello stesso giorno in cui era stata uccisa la diciottenne di Pordenone. Ho raccontato le tre immagini ad una ad una: Isacco, Ifigenia, Padre padrone. Avevo anticipato che non avrei fatto un intervento buonista: mi guardavano tutti e quattro un po' storto, ma interessati.
Credo che sia servito: Paolo Branca, nella conclusione, è uscito dal politicamente e religiosamente corretto e ha parlato delle origini patriarcali dei tre monoteismi. Ma soprattutto ha parlato delle condizioni di minorità in cui vivono le donne in tanti paesi islamici. Era ora.
L'unica cosa che non mi è andata giù è che, dopo aver ironizzato sulle leggi francesi che vietano il velo nelle scuole pubbliche, non abbia detto una parola sulle leggi italiane, per cui gli insegnanti di religione sono diventati dipendenti statali. Ma da un professore dell'Università Cattolica era pretendere troppo, me ne rendo conto.

Chiudo con versi antichissimi, in cui trovo le nostre radici, quelle feconde:

E dicendo così, tese al figlio le braccia Ettore illustre:
ma indietro il bambino, sul petto della balia bella cintura
si piegò con un grido, atterrito all'aspetto del padre,
spaventato dal bronzo e dal cimiero chiomato,
che vedeva ondeggiare terribile in cima all'elmo.
Sorrise il caro padre, e la nobile madre,
e subito Ettore illustre si tolse l'elmo di testa,
e lo posò scintillante per terra;
e poi baciò il caro figlio, lo sollevò fra le braccia.
e disse, supplicando a Zeus e agli altri numi
"Zeus, e voi numi tutti, fate che cresca questo
mio figlio, così come io sono, distinto fra i Teucri
così gagliardo di forze, e regni su Ilio sovrano;
e un giorno dica qualcuno: "E' molto più forte del padre!"

Omero, Iliade Libro VI 466-479
Traduzione di Rosa Calzecchi Onesti

Ettore, Andromaca e Astianatte 370-360 ac
Cratere apulo a figure rosse, Ruvo di Puglia

giovedì 15 ottobre 2009

capitani coraggiosi

di annalisa

La notizia che due giovani coraggiosi apriranno a giorni in città una libreria dei ragazzi, oltre a commuovermi per la temerarietà e la sfida ai tempi che l'impresa dimostra, mi ha fatto venire una gran nostalgia per il mio lavoro di bibliotecaria dei bambini, per le facce allegre e stupite che ascoltavano i racconti.
In una ricerca che facemmo anni fa risultò che quasi tutti gli adulti ricordavano la prima esperienza di lettura in modo precisissimo. Del primo libro tenuto in mano ricordavano la copertina, le illustrazioni,la carta, l'odore.

Persone comuni e personaggi famosi rintracciavano nella memoria quel giorno, quel momento, l'occasione: leggevano sul letto, sotto un albero, d'estate o vicino alla stufa in casa dei nonni. Chissà se succede ancora? Se i bambini frastornati dall'invasione mediatica vivono ancora così forte l'incontro col libro.

Il mio è stato così: era un regalo, ma non ricordo per quale occasione, un regalo di mia madre. Era un volume della Scala d'oro, Gargantua a Pantagruel, una riduzione da Rabelais. Lo leggevo di nascosto, sotto le coperte, col lumino da notte rischiando di dar fuoco alla casa. La copertina era grigia e aveva belle tavole illustrate ma era un po' troppo grande per nasconderlo quando sentivo avvicinarsi i passi di qualcuno che veniva a controllare se dormivo.

mercoledì 14 ottobre 2009

Un posto di conversazione

di primo

Cosa dovrebbe essere -a mio avviso- il Blog di Novaluna (ammesso che decolli)?
Un posto di conversazione in rete, che è ben diverso da un forum, da un monoblog con le piccole catene di commenti di visibilità, da un sito in cui sotto ogni articolo c'è la possibilità di commentare (ma generalmente non commenta mai nessuno).

Conversare è un'arte difficile, specie in rete. Quasi sempre ci si scazza, si litiga, ci si loda e ci si imbroda, si sta sul generico, non viene mai fuori la persona vera. Conversare vuol dire discorsi brevi, capacità di parola e di ascolto, senso di appartenenza all'Associazione.

Può riuscire? Forse che sì forse che no. Dipende da tante cose, ma la più importante -sempre a mio avviso- è che il gruppo iniziale, inevitabilmente piccolo, oltre a risolvere le minuzie tecniche, oltre a pubblicizzare l'iniziativa, faccia la prima cosa che serve, se ci si crede: postare e commentare con ragionevole continuità. Se non si è persuasi di questo, meglio non cominciare. Se si è persuasi, pian piano -ci vuole il suo tempo, senza forzature indebite- crescerà il numero degli scrittori di post e dei commentatori. E l'argomento migliore qual è? Stare sulla palla del giorno, diversa per ognuno di noi. Se fossero tutte palle uguali, sai la noia!

P.S. L'immagine l'ho carpita dal Nonblog di Habanera, che ringrazio.

domenica 11 ottobre 2009

Samuel Parent allo Sporting Club di Monza

di primo

Neria ed io dobbiamo alla cortesia di Donatella e Claudio l'aver potuto assistere al concerto che il giovane pianista francese Samuel Parent ha tenuto venerdì sera allo Sporting Club di Monza. Nel 2008 Samuel Parent ha vinto il secondo premio al concorso pianistico "Rina Sala Gallo" di Monza.

Il programma:

Mozart Sonata in la minore K310
Beethoven Sonata in re minore op.31 n.2 "La tempesta"

Fauré Notturno n.12 op.107
Ravel Sonatine
Albeniz El Albaicin
Balakirew Islamey

Il pianista ha eseguito due bis, una mazurka di Chopin ed un brano di Ravel.
Ho scoperto che Samuel Parent ha un ottimo sito, questo.

In YouTube ho trovato due video con il terzo movimento (allegretto) della sonata di Beethoven: Wilhelm Kempff e Glenn Gould. Due Beethoven completamente diversi... ognuno ha il diritto di avere le sue preferenze... senza stilare nessuna classifica!

venerdì 9 ottobre 2009

novità d'autunno

di alberto



autunno, cadono le foglie.
nascono anche nuove iniziative:
il nuovo ciclo di incontri
comincia il 15 ottobre,
non dovrei essere io a dirlo
ma il programma è gagliardo.

il 18 andiamo al forte di Bard
in gita sociale per istruirci,
ma anche
per gozzovigliare e socializzare.

e poi si sta covando
una novità ancora più nuova:
nientepopodimenoché
un blog nuovo di pacca.
per scambiarci opinioni,
sensazioni, impressioni,
per mantenere i contatti,
per commentarci addosso.

sembra che occorra
un piccolo numero di volontari
per comporre una sorta di numero zero:
siete caldamente invitati
ad accettare l'invito
e a far la vostra parte
con commenti e con nuovi post.

mercoledì 7 ottobre 2009

Il Serpotta a Palermo

di alberto






Abbiamo visto i magnifici stucchi di Giacomo Serpotta nell'Oratorio di San Lorenzo.

Purtroppo manca la Pala del Caravaggio trafugata diversi anni fa e non recuperata malgrado la solerzia delle Forze dell'Ordine.


giovedì 1 ottobre 2009

Videocracy

di giorgio casera

Visto l'altra sera al Teodolinda.
Per quanto fotografi una situazione già tristemente nota si esce sconfortati, sconsolati (ma alcune scene fanno provare sentimenti di ribellione!).
C'erano stati dei precedenti al cinema (come il "Ricordati di me" di Muccino, 2003) che mostravano la china che stavamo scendendo, ma in Videocracy è tutto rappresentato in chiaro, senza finzione.
Ora, non voglio entrare in dettagli sul film, per non rovinare il dispiacere di chi deve ancora vederlo, ma una riflessione mi scappa.
Nei banchi delle aule di Fisica avevo imparato che l'operazione di misurazione di un fenomeno poteva influire sull'andamento del fenomeno stesso e quindi produrre un risultato differente dal vero. E' un pò come quando giudichiamo un fatto essendo emotivamente coinvolti, non abbiamo cioè "la giusta distanza", per restare in ambito cinema; questo può portare ad una valutazione non obiettiva.
Nel film in oggetto il regista, svedese, guarda alla situazione italiana con il distacco che gli viene dalla sua "lontana" cultura e ritrae fatti e personaggi così
come si mostrano, senza esprimere giudizi, che sono tutti degli spettatori. La sua "neutralità" ha convinto i protagonisti del film a mostrare sinceramente tutto il loro squallore.
Tutto con una chiarezza disarmante.
E così temo ogni "foresto" veda l'Italia e gli Italiani...