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sabato 27 marzo 2010

Un tempo breve

Gauss

Pur vivendo nella stessa città, Primo Casalini non lo conoscevo. Fu solo quando cominciai a scrivere per Arengario, che vidi il suo nome in calce a molti Bei momenti. Ne fui più che affascinato, tramortito, un colpo di fulmine! Domandai subito a Franco Isman, l’amministratore di Arengario, chi fosse quel Casalini che sapeva intrecciare con sublime fluidità luoghi d’arte e stati d’animo, capolavori universali e dettagli d’ordinaria quotidianità, e come mai non l’avessi mai visto ai nostri (peraltro rari) incontri. Seppi così che si era invaghito dei blog, ne aveva addirittura creati due o tre, se ne occupava a tempo pieno, e andavano per la maggiore. Cercando in rete, scoprii Stanze all’aria, e iniziai a curiosarci dentro. Tempo dopo, ebbi il piacere di presentare l’oratore di un incontro di Novaluna, il mio fraterno amico e vecchio compagno di scuola Roberto Osculati, illustre teologo. Nel pubblico c’è un signore con la barba che si distingue per un intervento tanto colto quanto critico. E’ Primo Casalini. Il giorno dopo lui ne riferisce su Stanze all’aria, io su Arengario.

La strage degli innocenti, attribuita a Rubens, il pittore che Primo amava più di ogni altro

Passato qualche mese, a un nuovo incontro di Novaluna finalmente ci incontriamo, mi professo abituale lettore del suo blog e sincero ammiratore di Solimano, lui si dice lusingato e si dilunga a parlarmi della sua creatura, dell’importanza che le attribuisce, della valentia letteraria dei guest che ha chiamato a scriverci. Pochi giorni dopo - deve averci pensato su - mi chiama al telefono per chiedermi se mi va di far parte della compagnia.

Il mio primo post a Stanze all’aria è del novembre scorso, è stato breve il tempo della nostra amicizia. Breve ma ricco, Primo mi ha faceva da tutor, mi telefonava, mi veniva a trovare, mi spiegava i trucchi del mestiere: «Le foto più sono grandi meglio è, bada che siano cliccabili, attento che l’anteprima è traditrice e che poi l’aspetto del post può risultare diverso, scrivi di quel che vuoi, ma mi raccomando, commenta, commenta spesso, senza post un blog non esiste, ma senza commenti non è un blog, » Un motivatore scrupoloso e generoso, sempre entusiasta, sempre fiero, mai presuntuoso né falsamente modesto.

La Pudicizia velata di Antonio Corradini, soggetto di uno dei Bei momenti di Primo


Anche se ero io a telefonargli poi parlava lui. Qualunque fosse la ragione della mia chiamata, prima mi doveva dire la sua soddisfazione e le sue idee per il blog: «Senti, Stanze all’aria sta andando bene, molto bene direi, sai, di blog di questo tipo non ce ne sono molti, io lo so chi lo visita e quanti sono, ho un contatore buono io, mica di quelli farlocchi, forse dovrei invitare qualche altro guest, però senza esagerare, non voglio mettere a rischio l’amalgama…» Dovevo interromperlo.

Un conoscitore delle arti figurative come lui non aveva mai visitato il Museo di Arte Contemporanea di Lissone, a me invece molto familiare. Gli raccontai che ospitava le opere del Premio Lissone, una rassegna d’arte che nel dopoguerra gareggiava per importanza con la Biennale di Venezia, facendogli il nome dei grandi pittori che vi avevano partecipato. E lui, subito: «Andiamoci, andiamoci insieme». Lo pregai di pazientare qualche settimana, avrebbe avuto una guida degna di lui, lo stesso direttore artistico del Museo con il quale stavo concordando una visita di Novaluna, che poi fissammo per sabato 13 di marzo. Quel giorno lo pensammo con rammarico, Primo era in ospedale già da una settimana.

Composizione di Mauro Reggiani, Premio Lissone 1952

La mattina del martedì successivo dovevo passare anch’io in ospedale per una mia piccola cosa e, pur sapendo di contravvenire alla regola che vieta le visite mattutine, di tornarmene via senza vederlo non me la sentivo. Scesi al piano dell’Unità Coronarica, dove lo sapevo ricoverato, una grande, silenziosa, ipertecnologica sala circolare al cui centro una giovane dottoressa controllava sui monitor le condizioni dei pazienti disposti su un emiciclo. Le dissi di essere amico di Primo Casalini e che avevo osato affacciarmi per un breve saluto. La dottoressa prese tempo, poi, con mesta gentilezza: «Questa notte si è aggravato, è deceduto due ore fa. Con lui ci sono la moglie e il figlio». Scappai via, a chiamare Alberto e Ottavio per compiangerlo con loro.

Gauss

mercoledì 24 marzo 2010

the blog must go on

di alberto
me lo avessero chiesto a bruciapelo due settimane fa
non avrei mai detto che il legame con Primo
fosse così stretto e forte;
non avrei mai pensato che la sua assenza
si sarebbe fatta sentire in questa misura,
con questa intensità quasi di dolore fisico.

ora voglio provare a girar pagina,
sapendo benissimo che non avrebbe gradito
la mia, la nostra incapacità di riprendere la via.

c'è anche un problema di toni, per me,
che non sono capace di reggere quelli seri,
ma che in questo momento
non ho proprio voglia di scherzare.

Allora, per rompere il ghiaccio,
posso azzardare qualche riflessione
suggerita dal terremoto dell'Aquila e dalla rivolta delle carriole.















La nostra è una terra ballerina,
ogni tanto salta per aria e tira giù qualche paese;
altre volte il famoso sfasciume pendulo
si produce in spettacolari cascate di fango,
con risultati del tutto analoghi.



Lungo tutto il corso della mia vita le catastrofi si sono succedute
con periodicità variabile, ma con esiti del tutto simili:
a distanza di qualche lustro,
nei casi peggiori anche di molti decenni,
i paesi distrutti restano distrutti,
i malcapitati superstiti e le loro famiglie
seguitano ad abitare in baracche, progettate e concepite
per la brevissima durata dell'emergenza,
e sopravvissute a se stesse.

In una sola occasione, quella del terremoto in Friuli,
ho assistito ad una variazione di questo schema:
a pochi anni di distanza le ferite erano rimarginate
e il territorio, con i suoi abitanti, appariva in condizioni analoghe,
in qualche caso perfino migliori di com'erano prima della tragedia.

Ora mi piacerebbe riuscire a parlare
del terremoto dell'Aquila
senza farmi condizionare troppo
dai miei ben noti pregiudizi politici
e senza rancore verso il Protettore Civile
per il quale avrei incautamente potuto
mettere le mani sul fuoco,
e giuro che le ustioni mi fanno ancora male.

Ecco, possibile che a nessuno sia venuto in mente di informarsi,
di studiare, di capire, e di cercare di riprodurre
uno schema di intervento che aveva mostrato,
almeno in una occasione, di poter funzionare?

O c'era il timore di non riuscire a mangiarci sopra?
Faccio fatica a pensare che possa aver finito col prevalere
un cinismo così smisurato.

giovedì 18 marzo 2010

In memoria di Primo


abbiamo già annunciato la scomparsa di Primo Casalini,
grande amico personale di alcuni di noi, grande amico della nostra associazione.
Primo, in arte Solimano, ha voluto, creato e sostenuto questo blog. Lo vogliamo ricordare anche qui, e pensiamo di farlo con le parole di Roby
ospite abituale di
Stanze all'aria, uno dei blog cui Primo aveva dato vita
e lì comparse,
sotto forma di commento, eccole:

Nessuno più di me è lontano da questioni di preveggenza, di sogni premonitori, di "Io me lo sentivo che sarebbe successo". Però io LO SAPEVO. Non so come spiegarvelo. Sono ancora impietrita dalla notizia. Eppure NON MI HA SORPRESO. La temevo, ma me l'aspettavo, pur non sapendo nulla del quadro clinico di Primo. E adesso -mi chiedo- cosa faccio? Ho imparato a scrivere in rete grazie a lui, ho piantato tutto e poi ho ricominciato solo perchè lui insisteva, non mi mollava, voleva ad ogni costo che non appendessi la tastiera al chiodo, mi rimproverava -ma con dolcezza!- e finiva sempre i messaggi con SALUDOS e BESOS. Sono stata così fortunata dal conoscerlo anche di persona: 1.80 di barba-capelli-voce tonante e occhi vivi, buoni, birichini. Una chiacchiera continua, salti in lungo e in largo dalla politica all'arte, dalla religione al gossip, dalla gastronomia alla critica letteraria. All'inizio mi faceva un po' paura. Soggezione. Reverenza, dovuta alla differenza di età. Poi è stata solo amicizia, e affetto, e rispetto reciproco. Ed ora il rimpianto di non averlo salutato per l'ultima volta, e una fitta di dolore acuto pensando che fra le e-mail in arrivo non leggerò più il suo indirizzo, che non scriverò più "Caro Primo" tra la posta inviata, che non attenderò più trepidante un suo commento -preciso competente spassionato- sul mio ultimo post... Insomma, adesso basta, fermatemi, staccatemi la presa del pc, altrimenti vado avanti altre 50 righe a parlare di lui, a ruota libera, in attesa che finalmente il ghiaccio sul cuore si sciolga, che le lacrime arrivino, che il cervello si sblocchi mettendo a fuoco che sì, accidenti, è proprio vero... ...Primo non c'è più. R.

domenica 14 marzo 2010

Da Sergio Dangelo a David Stone Martin

di giorgio casera

Ieri abbiamo visitato il Museo d’Arte Contemporanea di Lissone. Quel che abbiamo visto ci fornisce ampio materiale per scrivere le nostre impressioni su questo blog e, per parte mia, mi riprometto di contribuire, dopo opportuna riflessione.
Intanto però vorrei anticipare un fatto specifico. Ad un certo punto della mostra si incontrano, disposte su un tavolo e protette da una copertura di plexiglas, quattro copertine di dischi 33 giri di musica jazz, degli anni ’50, disegnate da Sergio Dangelo.


Sergio Dangelo è un pittore surrealista (il più alto rappresentante vivente del surrealismo italiano, come lo definisce una brochure della Libreria Bocca di Milano), anche se la definizione è un po’ troppo schematica per un artista che ha attraversato tutta la movimentata seconda metà del ‘900.


Le quattro copertine, dicevo, sono molto belle, con disegni e colori che esaltano il contenuto, brani di grandissimi artisti jazz americani di quegli anni. Costituiscono dunque, giustamente, degli esemplari di grafica da museo. Sono state disegnate da Dangelo agli inizi della sua attività (ha esposto la prima volta nel 1951), probabilmente per ragioni… commerciali; per questo non se ne trova traccia in rete, che pur abbonda di esemplari delle sue opere (ne riproduco alcune, a titolo di esempio, in questo post).


(Se però Peppino Pizzi, dall’alto della sua autorità a Lissone, riuscisse ad avere le immagini delle quattro copertine… le potremmo inserire nel blog, così sapremmo tutti di che parliamo).
La vista di quelle copertine mi ha ricordato che anch’io ero stato in quel periodo un appassionato di jazz e che avevo voluto conservare (attraverso ben tre traslochi) i dischi migliori; e lo stile di Dangelo mi ricordava qualcuno dei miei vecchi dischi. Dunque, appena rientrato a casa, mi sono affrettato a “consultare gli archivi” ed ho rintracciato effettivamente un vecchio 33 giri del 1955 con una grafica da artista (e contenuto corrispondente: grandi esecutori e brani classici).


E qui, sorpresa, la copertina era firmata, da un certo David Stone Martin. Rapida ricerca in Google e scopro che Martin è stato un famoso pittore, mancato nel 1992, le cui opere sono visibili in diversi musei americani. Per gli appassionati l’intera sua produzione di “jazz album covers” è disponibile in rete (clicca qui). Vale la pena dargli un’occhiata.
Per quanto mi riguarda, cercherò una bella cornice per esporre la “cover” ritrovata nel modo e nel posto che merita.

martedì 2 marzo 2010

IL WALSERTREFFEN
di Dario

Ogni tre anni i walser si radunano in uno dei loro centri di insediamento per un meeting internazionale denominato Walsertreffen.
Dal 21 al 23 settembre 2007 ho partecipato all'ultimo di tali raduni che si è tenuto ad Alagna in Valsesia.
I Valser sono una popolazione di origine germanica, forse Alemanni, ma più probabilmente Sassoni, emigrata dal Nord Europa nell'alto Vallese attorno all'VIII secolo e che, nel XIII secolo, colonizzarono diverse località dell'arco alpino in Italia, in Svizzera, nel Liechtenstein e in Austria.


Una tipica casa Walser

La lingua dei walser è una variante di un dialetto tedesco meridionale, chiamata altissimo alemanno, ed è molto simile al dialetto svizzero tedesco nella sua forma più arcaica.
In Italia gli insediamenti walser sono in Valle d'Aosta (Valle del Lys e Val d'Ayas), nell'alta Valsesia e in Val d'Ossola


Walser nel costume tradizionale

Il prezioso pizzo detto "puncett"


Una rappresentanza al walsertreffen


La mia famiglia è originaria della Valsesia e qualche storico locale riferisce che il mio cognome sia pervenuto da una traduzione dal walser operata con un atto notarile del XVI secolo.
La mia partecipazione alla manifestazione aveva quindi una motivazione che andava oltre la pura curiosità.
Forse un mio antenato avrà soffiato in uno di quei lunghi corni che qui sono raffigurati e che costituivano una delle attrazioni della manifestazione.



Il raduno ha visto una moltitudine di variopinti costumi tradizionali che hanno dato il loro colore a concerti bandistici, canti e balli oltre alla stupenda sfilata conclusiva delle varie rappresentanze di tutte le comunità walser.




Per coloro ai quali interessasse, il prossimo raduno avverrà quest'anno dal 10 al 12 settembre a Triesemberg nel Principato del Liechtenstein.

lunedì 1 marzo 2010

Teodolinda a Monza

di primo

Garibaldo proclama nella sua reggia
le prossime nozze di Teodolinda con Autari

Questo è un post volutamente costruito quasi solo con immagini. Franco Isman, molto gentilmente, mi ha prestato qualche tempo fa la pubblicazione "La cappella di Teodolinda a Monza" che uscì nel 1965 (Editore Fabbri-Skira) per la serie "L'arte racconta". Su questo tema, scrissi per Arengario un Bel Momento, che si trova qui.
Fu pubblicato il 18 ottobre 2004, quindi sono passati circa cinque anni e mezzo. Ho voluto vedere cosa succede con le immagini usando i default di Blogger (senza personalizzazioni) ed utilizzando uno scanner abbastanza recente. Queste cinque immagini - che sono ampliabili con un click - riportano quasi tutte dei particolari degli affreschi dei Fratelli Zavattari diversi da quelli che usammo allora.
Penso che si possa dire che quella dei Bei Momenti fu una buona idea e le visite lo confermano tuttora. Potrebbe essere opportuno e piacevole riprenderla in futuro (è solo la mia opinione). Sotto le immagini, riporto i nomi degli episodi degli affreschi da cui ho tratto i particolari.

Teodolinda si avvia in Italia
e cavalieri longobardi le muovono incontro

Solenne ingresso di Teodolinda in Verona
e sua proclamazione a regina d'Italia