di Toti
Anch’io, come molti tra quelli che gli furono vicini, voglio ricordare Primo. E lo farò dando ascolto, finalmente, all'invito che mi faceva quasi ogni volta che c’incontravamo: di contribuire ad uno o più dei blog che incessantemente creava. Ed invece io rimandavo, nell’illusione – chissà – che la vita fosse eterna, e che avrei potuto farlo un’altra volta.
Ma come i fatti hanno tristemente dimostrato, la vita purtroppo ha un termine. E tutti, quando si hanno un pò d’anni sul gobbo, “si sta come, d’autunno, sugli alberi, le foglie”.
Farò, e penso che Primo ne sarebbe contento, un intervento al modo de “I bei momenti”, la sua prima e fortunatissima serie, alla quale – ma ormai sono passati parecchi anni – avevo contribuito alcune volte. E che - per quel che ne so – è ancora attivamente frequentata dai navigatori del web.
L’idea mi è venuta quando, in occasione della recente campagna elettorale per le elezioni regionali, il normale tran tran televisivo è stato sconvolto dall’irrompere della “par condicio”, con nuove modalità che hanno liberato i tempi televisivi normalmente destinati ai cosiddetti talk show politici. Così su Rai Tre il consueto numero di Ballarò del martedì è stato sostituito, per qualche settimana, da episodi della serie del Commissario Montalbano. Non nuovi, naturalmente, ma sempre piacevoli a guardarsi, per la recitazione, generalmente di buon livello, ma sopratutto per la sceneggiatura eccellente e per la fotografia e le immagini. Alle quali forniscono materiale abbondante i luoghi della Sicilia sud-orientale compresi nel triangolo delimitato a nord dalla direttrice Siracusa – Gela. Sì, la Sicilia sud orientale, e non quella dell’agrigentino, nella quale Camilleri, nei suoi racconti, ha ambientato le vicende, ma usando nomi di fantasia per i luoghi. La sceneggiatura della trascrizione televisiva ha invece preferito quell’altra parte dell’isola, che è in realtà significativamente diversa da quella dei racconti. Diversa ma non meno interessante.
Spicca in tutte le immagini l’architettura barocca delle città. Ma è un barocco lieve, elegante, mai sovraccarico, come invece è spesso quello di altri luoghi siciliani – per non parlare di quello “fiammeggiante” della Spagna. Ed è anche, in molte chiese, un barocco decisamente slanciato verso l’alto. Tanto che a me viene la tentazione di chiamarlo, malgrado l’audace cortocircuito stilistico–temporale, barocco-gotico.
Non tutte le chiese sono così, naturalmente. Ma anche quelle che non si segnalano per il loro slancio architettonico, tutte invariabilmente si conformano alla regola della sobrietà dello stile. E c’è la ragione storica. Tutta la zona infatti venne quasi completamente distrutta, nel 1693, da un forte terremoto, che costrinse ad una ricostruzione integrale, spesso accompagnata dalla “rilocalizzazione” dei centri urbani. Allora, forse, le chiamavano “città nuove”; oggi le chiamiamo “new towns”, ma sono la stessa cosa: malgrado i secoli trascorsi, non abbiamo inventato nulla.
Così accadde a Noto, ricostruita in una zona piana, più in basso (e i ruderi di Noto Vecchia, che fu allora abbandonata, si visitano ancora); e così accadde a Ragusa, anch’essa ricostruita accanto al vecchio centro di Ragusa Ibla, che però, in parte, sfuggì all’abbandono, ed è oggi di gran lunga il più interessante dei due.
Non solo le abitazioni, ma anche gli edifici pubblici, ed in particolare le chiese, che caratterizzano in gran parte il patrimonio architettonico di quasi tutte le città dell'area, furono ricostruiti. La ricostruzione, in tutti i luoghi colpiti, avvenne negli stessi anni – i primi decenni del 1700, quando la Sicilia, in un periodo di grandi capovolgimenti, passò dagli Aragonesi di Spagna, ai Savoia, ed infine ai Borboni - ed a ciò è dovuta l’uniformità degli stili.
Per esempio le chiese di San Giorgio di Modica, altissima in cima ad una scenografica scalinata (oltre 200 gradini), e di San Giorgio di Ragusa Ibla, sono quasi identiche, oltre che per il Santo cui sono dedicate, anche nella struttura (ma furono progettate dal medesimo architetto, che peraltro ne costruì una terza quasi identica anche a Scicli, dedicata a San Sebastiano, e la si vede spesso in lontananza in talune inquadrature della questura di Vigata....). La chiesa di Ragusa non ha lo slancio della scalinata di quella di Modica, ma in compenso ha davanti un’oblunga piazza ornata di alte palme che le fornisce una prospettiva di grande valore.
Per inciso, Ragusa Ibla è, nella versione televisiva delle gesta di Montalbano, la Vigata dei romanzi di Camilleri.
Queste sono anche le zone delle “cave”. Che non sono cave di pietra, come il nome potrebbe far pensare. Si indicano così invece, da quelle parti, delle valli, spesso gole profonde e ripide, veri e propri canyon, scavate, nel corso di millenni, dai fiumi. I quali, contrariamente che nel resto della Sicilia, sono qui frequenti ed alimentati anche d’estate. La più famosa di queste gole è quella di Pantàlica, oggetto peraltro di uno de “I bei momenti” inventati da Primo; ma ce ne sono altre di bellezza comparabile, come la Cava Grande di Cassibile, che sbocca al mare tra Siracusa ed Avola, in prossimità della storica località che le dà il nome, e che in parecchi punti ricorda i fiumi della Corsica.
E’ proprio in queste “cave” – naturalmente quelle più ampie – che si sono sviluppate molte delle città di queste zone, forse per la presenza stessa del fiume. Modica, Scicli, Ispica, e molte altre, sono cresciute nelle cave. Lo si vede subito, anche dalle foto: ampi solchi, i cui fianchi sono ormai totalmente occupati da case; e sono spettacolari quinte scenografiche per i monumenti – in particolare le chiese – che vi sono stati costruiti nel corso della loro lunga storia. Il già menzionato duomo di Modica sfrutta per l’appunto – con la lunga scalinata che lo precede – la fiancata di una cava, che accentua quello slancio “gotico” di cui parlavo prima. E l’aspetto, d’estate all’imbrunire – quando si accendono le prime luci nelle case e nelle strade, ma la luce del tramonto non è ancora estinta - è quello di un presepio.
Non si può parlare di queste zone senza menzionare Siracusa. A parte il teatro greco - d’estate sempre usato per riproporre ad un pubblico numerosissimo le tragedie di Sofolcle, Euripide ed Eschilo; e le “latomie” (antiche cave, ma vere cave di pietra queste!), le catacombe, ed infiniti altri luoghi, classica meta del turismo internazionale, mi sento di raccomandare il centro storico della città: bellissimo, trascuratissimo – ma mi dicono che ora è stato restaurato in gran parte – e....barocchissimo. Qui vi mostro due immagini del Duomo, barocco naturalmente; che ha la particolarità di essere – credo – l’unica chiesa al mondo costruita su un tempio greco, le cui colonne si possono intravvedere all’interno, incorporate nei muri perimetrali.
Andateci, se potete, in novembre o dicembre: non fa ancora molto freddo, l’atmosfera è trasparente come cristallo ed è molto probabile che non piova. E l’isola è tutta verde, mentre da giugno a settembre è tutta gialla di messi, ed il caldo - specie nei giorni di scirocco - rende l'aria greve e poco trasparente.
5 commenti:
grazie, Toti.
è stato un piacere leggerti e guardare le bellissime foto:
le hai trovate in rete o sono tue?
(e se sono tue come sei riuscito a nasconderci
per tanto tempo una così sorprendente bravura?)
anche noi siamo spettatori assidui dei cicli di Montalbano
che apprezziamo per numerosi aspetti, non ultimo quello della bellezza delle località.
mi hai fatto venire una gran voglia di tornare in Sicilia.
Caro Toti,
ho avuto un'esperienza (di lavoro)non felicissima nella Sicilia nei lontani anni 1962/63. Poi, non ho avuto più occasione di tornarci.
Però, se ora riuscissi a ritagliarmi dello spazio tra gli impegni di nonno, ci farei un pensierino...
Giorgio
Grazie, Alberto e Giorgio per i vostri commenti. Adesso sì che posso sperare in un congruo assegno da parte dell'assessore siciliano al turismo....
Quanto alle foto, esse provengono tutte dal web. Non che io non ne avessi di mie: ne ho tante, e, immodestamente, posso dire altrettanto belle. Ma sono in diapositiva (risalgono ad oltre dieci anni fa), e convertirle in formato digitale, specie se si pretende un buon risultato, non è per nulla facile.
Ad entrambi buon viaggio in Sicilia, alla prima occasione.
Toti
20 aprile 1969 - 20 aprile 2010
A Primo:
Ho sceso, dandoti il braccio, almeno un milione di scale
e ora che non ci sei è il vuoto ad ogni gradino.
Anche così è stato breve il nostro lungo viaggio.
Eppure non mi dà riposo
sapere che in uno o in due noi siamo una sola cosa.
Ciao,
Neria
Carissima Neria,
comprendo fino in fondo il tuo dolore e la tua nostalgia, che, seppure in modo diverso da te, abbiamo tutti noi. Ti abbraccio affettuosamente.
Toti
Posta un commento