Se
guardate con attenzione le foto allegate scoprirete, come nella
Settimana Enigmistica, che hanno in comune un particolare, nemmeno
tanto piccolo. Per darvi tempo di individuarlo vi dirò chi sono i
personaggi: quello che non sono io è Giulio Confalonieri, nella foto
con il soprano Carolina Segrera. Era un grande musicista e
musicofilo, famoso critico musicale. Fu autore di un libro, Barboni
a Milano,
che a suo tempo gli diede notorietà e successo, nonché soprattutto
di una eccellente storia della musica.
Si sussurra che sia stato l'autore della famigerata domanda sul controfagotto a lascia o raddoppia, che fece versare inchiostro a fiumi sui giornali dell'epoca, e che si difendesse dalle accuse di eccessiva difficoltà sostenendo che suo cognato Guelfo, mio prozio, non avrebbe avuto difficoltà a rispondere.
Ma torniamo a noi: cosa abbiamo in comune? Avete indovinato: il cappello.
Che non è simile, è proprio quello, il suo.
Trattasi infatti di un magnifico Borsalino, oggetto quasi di lusso, di quelli che non mi sarei mai comprato: è del tipo che non mi voglio permettere.
E' morbido, non foderato, si può schiacciare e strapazzare e con due carezze torna miracolosamente a posto.
Questo è appena un po' incencicato perché appallottolato in un cassetto c'è rimasto per più di trent'anni. Ce l'ho ritrovato mentre smontavo la casa della mia zia Baby, che era sua nipote, e si doveva trasferire in casa di riposo.
Come faccio a volte con i pantaloni alla zuava da roccia del povero Marco, mio cognato, che ogni tanto tiro fuori dall'armadio per fargli fare una giratina in montagna, a volte mi viene la voglia di indossarlo e di portarlo in giro.
Quando mi riesce di trovare i biglietti per la Scala, dove è stato di casa quasi tutte le sere per tanti anni, non lo dimentico mai.
4 commenti:
Proprio oggi, come ogni mercoledì, ero a pranzo con il mio vecchio amico Renzo Brugola. Renzino va per gli 89 anni, è un po’ lento di gamba e anche un po’ duro d’orecchio, ma è pronto di mente e limpido di memoria. In gioventù è stato uno dei più assidui frequentatori del Giamaica di via Brera e i suoi racconti d’ambiente sono gustosissimi e inesauribili. Alcuni dei personaggi che ha incontrato in quel periodo li aveva già ricordati in un’intervista al Campanile (consultabile qui http://www.famigliaartisticalissonese.com/public/fal/pagine/allegati/File9.pdf ). Anche Giulio Confalonieri, il grande critico musicale, che abitava in Brera, era assiduo del Giamaica, anzi proprio lui aveva suggerito il nome del bar, ispirato da un film inglese del ‘39, La taverna della Jamaica, diretto da Alfred Hitchcock e interpretato da Charles Laughton e Maureen O’Hara. In quell’intervista Renzino ricordava che “Confalonieri, ogni sera, prima dell’opera o del concerto alla Scala arrivava al Giamaica per una partita a briscola. Nel suo inappuntabile smoking faceva coppia fissa con un tipografo (in canottiera) del Corriere della Sera, che ogni tanto lo riprendeva ad alta voce: “càric,maéster!”. Finita la partita, il maestro (di musica, a briscola
era una schiappa) si avviava verso la Scala zoppicando sul suo bastone”.
Oggi, dopo aver letto il bel post di Alberto, e anche per onorare il suo cappello, ho sollecitato Renzino a parlare ancora di Confalonieri. Non si è fatto pregare e io riferisco.
Lo chiamavano “gamba de legn” perché aveva perso una gamba in un incidente durante la guerra, scriveva critiche musicali per il Giorno e per varie riviste, aveva girato il mondo e vissuto una vita avventurosa, era un grande scrittore e aveva fama di essere in possesso di una sconfinata cultura musicale. Era quel che si dice un tipo originale. Giancarlo Menotti, quello del Festival dei due mondi, aveva composto un’opera che era in programma alla Scala. Confalonieri la conosceva e la giudicava una boiata. La sera della prima era seduto nei posti riservati alla stampa vicino come al solito al suo amico e collega Rubens Tedeschi, il critico musicale dell’Unità, che quanto a competenza musicale non gli era da meno. Per tutta la serata, tra lo sconcerto dei presenti, fecero a gara a chi per primo citava ad alta voce, come se fossero al “Musichiere”, le fonti da cui Menotti aveva scopiazzato i brani della sua opera, “Traviata, atto secondo” e così via. Al termine dello spettacolo, che fu un fiasco memorabile, Confalonieri tirò fuori un fischietto dal taschino e diresse il coro dei fischi.
Gauss
grazie a Gauss, un commento coi fiocchi!
due parole sulla godibilissima intervista a Brugola, che ho riletto con piacere, e sugli aggiornamenti, in particolare su Rubens Tedeschi: ne avevo perso le tracce da qualche anno, da quando lo si vedeva ai concerti di Rondò al teatrino della Villa Reale. Per qualche anno è vissuto a Monza, a san Fruttuoso, un po' spaesato come succede ai milanesi in esilio. Il mio caro amico Guido Tedeschi, suo cugino, mi informa che ora abita a Parma vicino a suo figlio; ha 99 anni, è reduce dalla sostituzione di una valvola cardiaca, e in ospedale dopo l'intervento leggeva, in francese, il visconte di bragelonne. Ora è di nuovo a casa, sembra di ottimo umore. Gli auguriamo un'ottima convalescenza
Se non mi confondo, guarda i casi della vita, il Guido Tedeschi di cui parli deve essere stato mio compagno d'Università, un ragazzo simpatico, elegantone e sciupafemmine. Aveva un frammento d'oro incastonato in un dente incisivo (particolare che dovrebbe bastare a identificarlo senza rischio d'errore). Se è proprio lui, passagli i miei saluti.
Gauss
Solo omonimia: il mio, pur con simpatie rifondarole, è un austero dottore commercialista, e non ostenta segni caratteristici casaldiprincipeschi
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