Sala piena al Binario 7 per l’incontro di giovedì scorso con Salvatore Carrubba, invitato da Novaluna per ricordare il 150° anniversario dell’Unità d’Italia. Se ne è compiaciuto l’assessore Alfonso Di Lio nel suo indirizzo di saluto, lieto di constatare come dall’intesa collaborativa fra le associazioni culturali monzesi da lui fortemente incoraggiata sia nato un programma di eventi celebrativi che riscuotono l’interesse e la partecipazione della cittadinanza.
Salvatore Carrubba è uno studioso di economia e di politica, un intellettuale che non si sottrae all’assunzione di importanti responsabilità amministrative, gestionali, politiche. E’ stato fra l’altro Direttore de Il Sole-24 Ore e Assessore alla Cultura del Comune di Milano. Attualmente è Presidente dell’Accademia di Brera.
L’eloquio di Carrubba è chiaro ed elegante, privo di enfasi retorica. Inizia osservando che oggi l’unificazione degli Stati Italiani, che per secoli è stata evocata come un’utopia e ha dato luogo alla creazione di uno dei pochi Stati liberali e democratici del tempo, viene sottoposta ad un processo di revisione critica, da alcuni anche di svilimento e di dileggio. Il Risorgimento, come la Rivoluzione francese, come i conflitti nazionali, religiosi e dinastici in Gran Bretagna, come tutti i passaggi cruciali della storia dei popoli non è stato esente da fatti dolorosi e delittuosi, che tuttavia non impediscono di riconoscerlo e onorarlo come la vicenda fondante dell’Italia moderna. Non va dimenticato che, in alternativa al Regno unitario di Vittorio Emanuele II, il destino politico dei territori e delle popolazioni italiane sarebbe stato, nel migliore dei casi, la confluenza in una federazione di staterelli sotto l’egida del Papato, cioè di una delle monarchie più autoritarie e reazionarie, nel peggiore di ritrovarsi propaggini periferiche delle potenze europee, il Piemonte un satellite della Francia, la Sicilia e il Sud una sorta di grande Gibilterra al servizio dell’Inghilterra, il Lombardo-Veneto una provincia austro-tedesca.
Carrubba, liberale per formazione e per convinzione, considera che il vero artefice di quell’evento epocale, da molti definito un “capolavoro”, che fu l’unificazione dell’Italia in un Regno di stampo moderno, liberale e democratico, sia stato Camillo Benso di Cavour, per la cui figura coltiva ammirazione di politico e interesse di studioso.
Di famiglia ricca e aristocratica, il giovane Cavour è una “testa calda”, animato da propositi così radicalmente riformisti da farlo pericolosamente avvicinare ai movimenti rivoluzionari. Lunghi e ripetuti viaggi in Francia e in Inghilterra provocano in lui un profondo cambiamento che lo porta ad aborrire la violenza rivoluzionaria e a farsi paladino di un liberalismo conservatore in politica, progressista e riformatore in economia, cui rimarrà fedele per tutta la vita. Una virata politica senza alcuna venatura di cinismo opportunistico, sostenuta invece da un solido sistema di valori, da una visione del mondo ispirata ad ideali di libertà. Carrubba ricorda in proposito che Gramsci riconosce in Cavour un conservatore molto più autentico e coerente di Giolitti.
Prima di entrare in politica (allora non si “scendeva” in politica) Cavour si afferma come importante e coraggioso imprenditore. Con robusti investimenti in macchine agricole e moderni metodi di concimazione incrementa la produzione delle sue tenute, fa fortuna con il commercio delle derrate alimentari, partecipa alla costituzione della Società dei molini di Collegno, fonda la Banca di Torino.
Trentasettenne, viene eletto alla Camera dei deputati del Regno di Sardegna e parte da lì la sua straordinaria vicenda politica che si sviluppa in poco più di un decennio, fino al 1861 quando muore da Presidente del Consiglio del Regno d’Italia.
Cavour si accredita come il campione del liberalismo moderato, favorevole alla promulgazione dello Statuto, fautore della liberalizzazione degli scambi, abolitore dei dazi, promotore dell’incremento delle infrastrutture, principalmente delle ferrovie, avversario del fronte cattolico reazionario. Attivissimo, intelligente e volitivo, insieme idealista e diplomatico, molto saldo anche contro il Re che non vuole inimicarsi il Papa, si mette a capo della maggioranza anticlericale, e ottiene l’abolizione dei privilegi ecclesiastici. Il suo celebre motto “Libera Chiesa in libero Stato” esprime il primato della libertà di coscienza e condanna la sovrapposizione dei poteri civile e religioso. Sempre fedele a se stesso, si dichiara assertore della libertà di stampa nella convinzione che ogni tipo di censura produce pessimi effetti.
In rapida e avvincente successione Carrubba percorre le tappe, ora esaltanti ora tormentate, della vita politica di Cavour. Diventato Ministro dell’Agricoltura, della Marina e delle Finanze, non esita a stipulare un accordo (Connubbio) con il centrosinistra di Urbano Rattazzi per scalzare il governo reazionario di Massimo D’Azeglio. Costretto a dimettersi, nel 1852 parte per un viaggio di alcuni mesi a Londra e a Parigi, dove entra in rapporti di familiarità con Napoleone III, una vicinanza che si rivelerà determinante per i destini del Risorgimento italiano.
Al ritorno in Piemonte, riceve dal Re l’incarico di formare un nuovo Governo. Vincendo le resistenze di La Marmora e dello stesso Re decide di inviare un corpo di spedizione di 15000 uomini, al fianco di Francia e Gran Bretagna contro la Russia, alla Guerra di Crimea, dove i bersaglieri si distinguono nella battaglia della Cernaja. Siede con i vincitori al congresso di Parigi del 1856, dove non incassa risultati territoriali, ma ottiene di porre la “questione italiana”, la necessità di un riassetto politico che risponda alle speranze delle popolazioni.
L’intesa con Napoleone III lo porta all’accordo segreto di Plombières, con il quale patteggia la cessione alla Francia di Nizza e della Savoia per la conquista del Lombardo-Veneto. Ne segue nel 1859 la II Guerra d’Indipendenza, Magenta, Solferino, San martino e l’armistizio di Villafranca, che Napoleone III conclude con Francesco Giuseppe concordando l’annessione al Regno di Sardegna della sola Lombardia. La notizia di questo accordo, stipulato a sua insaputa, scatena uno di proverbiali accessi ed eccessi d’ira di Cavour, che non risparmia la sua acrimonia nemmeno al Re e si dimette. Viene richiamato pochi mesi dopo, ottiene dalla Francia il via libera all’annessione dell’attuale Emilia Romagna e della Toscana e firma il trattato di cessione di Nizza e della Savoia.
Nei confronti di Garibaldi (come di Mazzini) nutre diffidenza e avversità , ostacola la spedizione dei Mille anche contro la volontà di Vittorio Emanuele, pronto a prendere tutto ciò che di buono poteva venire dall’impresa. Pur riconoscendo in Garibaldi un’icona risorgimentale, il progetto di unificazione dell’Italia del diplomatico sabaudo Cavour non può che scontrarsi con quello del rivoluzionario popolare Garibaldi. Di fronte al fatto compiuto Cavour aspetta però il momento propizio e pretende il plebiscito del 1960 che sancisce l’annessione immediata di Napoli e della Sicilia.
Il 17 marzo del 1861 il Parlamento italiano unitario decreta l’unificazione politica di gran parte della penisola proclamando per il Regno di Sardegna l’assunzione del nome di Regno d’Italia. Cavour muore dopo qualche mese, il 6 giugno del 1861.
L’attualità di Cavour, ci ricorda Carrubba, è quella di un politico rispettoso del Parlamento, capace di interpretare al meglio la tradizione liberal democratica e di creare uno Stato ammirato nel mondo per la modernità del suo ordinamento. E a suggello della sua relazione cita le parole dello storico Rosario Romeo: “ Il progetto politico istituzionale realizzato con lo Stato unitario fu più vicino a quello ideato da Cavour che a quello di qualunque altra forza che abbia partecipato al Risorgimento”.
Gauss
Prima di entrare in politica (allora non si “scendeva” in politica) Cavour si afferma come importante e coraggioso imprenditore. Con robusti investimenti in macchine agricole e moderni metodi di concimazione incrementa la produzione delle sue tenute, fa fortuna con il commercio delle derrate alimentari, partecipa alla costituzione della Società dei molini di Collegno, fonda la Banca di Torino.
Trentasettenne, viene eletto alla Camera dei deputati del Regno di Sardegna e parte da lì la sua straordinaria vicenda politica che si sviluppa in poco più di un decennio, fino al 1861 quando muore da Presidente del Consiglio del Regno d’Italia.
Cavour si accredita come il campione del liberalismo moderato, favorevole alla promulgazione dello Statuto, fautore della liberalizzazione degli scambi, abolitore dei dazi, promotore dell’incremento delle infrastrutture, principalmente delle ferrovie, avversario del fronte cattolico reazionario. Attivissimo, intelligente e volitivo, insieme idealista e diplomatico, molto saldo anche contro il Re che non vuole inimicarsi il Papa, si mette a capo della maggioranza anticlericale, e ottiene l’abolizione dei privilegi ecclesiastici. Il suo celebre motto “Libera Chiesa in libero Stato” esprime il primato della libertà di coscienza e condanna la sovrapposizione dei poteri civile e religioso. Sempre fedele a se stesso, si dichiara assertore della libertà di stampa nella convinzione che ogni tipo di censura produce pessimi effetti.
In rapida e avvincente successione Carrubba percorre le tappe, ora esaltanti ora tormentate, della vita politica di Cavour. Diventato Ministro dell’Agricoltura, della Marina e delle Finanze, non esita a stipulare un accordo (Connubbio) con il centrosinistra di Urbano Rattazzi per scalzare il governo reazionario di Massimo D’Azeglio. Costretto a dimettersi, nel 1852 parte per un viaggio di alcuni mesi a Londra e a Parigi, dove entra in rapporti di familiarità con Napoleone III, una vicinanza che si rivelerà determinante per i destini del Risorgimento italiano.
Al ritorno in Piemonte, riceve dal Re l’incarico di formare un nuovo Governo. Vincendo le resistenze di La Marmora e dello stesso Re decide di inviare un corpo di spedizione di 15000 uomini, al fianco di Francia e Gran Bretagna contro la Russia, alla Guerra di Crimea, dove i bersaglieri si distinguono nella battaglia della Cernaja. Siede con i vincitori al congresso di Parigi del 1856, dove non incassa risultati territoriali, ma ottiene di porre la “questione italiana”, la necessità di un riassetto politico che risponda alle speranze delle popolazioni.
L’intesa con Napoleone III lo porta all’accordo segreto di Plombières, con il quale patteggia la cessione alla Francia di Nizza e della Savoia per la conquista del Lombardo-Veneto. Ne segue nel 1859 la II Guerra d’Indipendenza, Magenta, Solferino, San martino e l’armistizio di Villafranca, che Napoleone III conclude con Francesco Giuseppe concordando l’annessione al Regno di Sardegna della sola Lombardia. La notizia di questo accordo, stipulato a sua insaputa, scatena uno di proverbiali accessi ed eccessi d’ira di Cavour, che non risparmia la sua acrimonia nemmeno al Re e si dimette. Viene richiamato pochi mesi dopo, ottiene dalla Francia il via libera all’annessione dell’attuale Emilia Romagna e della Toscana e firma il trattato di cessione di Nizza e della Savoia.
Nei confronti di Garibaldi (come di Mazzini) nutre diffidenza e avversità , ostacola la spedizione dei Mille anche contro la volontà di Vittorio Emanuele, pronto a prendere tutto ciò che di buono poteva venire dall’impresa. Pur riconoscendo in Garibaldi un’icona risorgimentale, il progetto di unificazione dell’Italia del diplomatico sabaudo Cavour non può che scontrarsi con quello del rivoluzionario popolare Garibaldi. Di fronte al fatto compiuto Cavour aspetta però il momento propizio e pretende il plebiscito del 1960 che sancisce l’annessione immediata di Napoli e della Sicilia.
Il 17 marzo del 1861 il Parlamento italiano unitario decreta l’unificazione politica di gran parte della penisola proclamando per il Regno di Sardegna l’assunzione del nome di Regno d’Italia. Cavour muore dopo qualche mese, il 6 giugno del 1861.
L’attualità di Cavour, ci ricorda Carrubba, è quella di un politico rispettoso del Parlamento, capace di interpretare al meglio la tradizione liberal democratica e di creare uno Stato ammirato nel mondo per la modernità del suo ordinamento. E a suggello della sua relazione cita le parole dello storico Rosario Romeo: “ Il progetto politico istituzionale realizzato con lo Stato unitario fu più vicino a quello ideato da Cavour che a quello di qualunque altra forza che abbia partecipato al Risorgimento”.
Gauss
2 commenti:
i nostri ringraziamenti più sentiti a Gauss
per il resoconto preciso e puntuale.
le scuse dell'associazione e nostre personali
per la pessima qualità dell'audio.
ce ne stiamo lamentando con i gestori della sala.
a&a
La conferenza è stata l'occasione per rinverdire antichi ricordi scolastici. Ancora una volta la storia ci da indicazioni valide anche per il presente...
Rileggendo la biografia di Cavour, anche semplicemente quella che si trova in Wikipedia, si rimane colpiti da quello che lo statista piemontese ha fatto in soli dieci anni.
C'è bisogno degli anniversari!
Giorgio Casera
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