Quand vedessev un publegh funzionari / a scialalla coj fiocch senza vergogna / disii pur che l'è segn ch'oltra al salari / el spend lu del fatt sò quel che besogna. / Quand savessev del franch che all'incontrari / nol gh'ha del sò che i ball che ne bologna, / allora senza nanch vess temerari / disii ch'el gratta, senza avegh la rogna. / Quand intrattant ch'el gratta allegrament / vedessev che i sò cap riden e tasen / disii pur che l'è segn che san nient. /Ma quand poeù ve sentissev quaj ribrezz / perché a dì che san nient l'è on dagh de l'asen / giustemela e disii che fan a mezz.
Il poeta non risparmiava neppure i politici, di qualsiasi parte fossero, apostrofandoli in modo forse un po' qualunquistico:
La classe dominante d'allora era l'aristocrazia alla quale il Porta non risparmia la sua satira a volte pungente e a volte sprezzante. È famosa la sua "La nomina del cappellan" che riprende la figura pariniana della vergine cuccia:
L'eva la Lilla una cagna maltesa, / tutta goss, tutta pel e tutta lard, / e in cà Cangiasa, dopo la Marchesa, / l'eva la bestia de magior riguard, / de moeud che guaja al ciel falla sguagnì, / guaja sbeffalla, guaja dagh del ti...
E della marchesa fa questo ritratto grottesco:
La Marchesa Cangiasa in gran scuffion / fada alla Pompadour tutta a fioritt / coj sò duu bravi ciccolatinon / de taftà negher sora di polsitt / e duu grand barbison color tanè / l'eva in sala a speciai sul canapé
Il gustoso Epitafi per un can d'ona sciura marchesa è un'altra occasione per marcare le ingiustizie sociali:
Chi gh'è on can che l'è mort negaa in la grassa / a furia de paccià di bon boccon. / Poveritt che passee tegniv de bon / che de sto maaa no vee mai pù sull'assa.
La rilettura del Porta è un rinnovato divertimento e la consiglio agli amici. Per coloro che trovano difficile il dialetto milanese vi è un recente Oscar Mondadori con a fronte la traduzione in italiano
Le illustrazioni di questo scritto sono tratte da un volume delle opere del Porta edito da Paolo Carrara a Milano nel 1885.
3 commenti:
Grazie Dario Chiarino. Da un malinteso risciacquare i panni in Arno, unito a una concezione centralistica del Risorgimento (lontana ad esempio da quella del Cattaneo) è nato - e dura ancora - un professorale atteggiamento da sopracciò riguardo il Porta e il Belli, considerati come singolari e curiose anomalie mentre sono fra i massimi poeti che ci siano mai stati in Italia. Di questo atteggiamento fa ancora le spese il Folengo, praticamente sconosciuto, e persino il Gadda de l'Adalgisa (il suo libro che rileggo più volentieri). Non sanno cosa si perdono, l'Adalgisa è anche un libro divertentissimo per milanesi, per brianzoli, per tutti.
saluti
Primo
Sono d'accordo con le considerazioni di Solimano. Io aggiungerei alla lista anche il Delio Tessa (1886 - 1939) per la sua "Caporetto 1917" che si può trovare con la traduzione a fronte sul sito:
http://www.milanesiabella.it/deliotessa_leeldidimort.htm
Cordialità
Dario
Sì, il Tessa, soprattutto per "Caporetto 1917", ma anche per altro. E' tutt'altro che un minore, il Tessa. E Biagio Marin a Grado e Tonino Guerra in Romagna.
Secoli fa, il Giambattista Basile a Napoli (che il Croce tradusse in italiano) e il macaronico del Folengo su cui ho scritto tre post in Stanze all'aria, qui. Teofilo Folengo è presoché introvabile nelle librerie.
saluti
Primo
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